Amarcord: l’ultima volta dell’Ascoli di Rozzi in serie A
Costantino Rozzi ha legato indissolubilmente il suo nome a quello dell’Ascoli Calcio, come se si trattasse di una sua creatura che prima e soprattutto dopo non è stata più la stessa. Le stagioni storiche della serie A della compagine bianconera che era diventata a tutti gli effetti una delle regine del calcio di provincia che fra gli anni settanta e ottanta spopolavano in Italia. Un’epopea chiusa a maggio del 1992 con l’ultima retrocessione in serie B del mitico Ascoli di Rozzi.
In molti la chiamavano altalena, ovvero la caratteristica che avevano alcune squadre di fare la spola fra serie A e serie B: un anno promosse e l’anno dopo retrocesse. Una di queste era l’Ascoli di Costantino Rozzi che negli anni ottanta alternava anni da protagonista fra i cadetti e campionati deludenti in massima serie, il che non era necessariamente un fattore negativo, perché rimanere in serie A non è mai stato facile per nessun club di provincia e perché l’Ascoli riusciva comunque a riorganizzarsi per risalire immediatamente. Così, però, non era stato tra il 1986 e il 1990 quando i marchigiani avevano ottenuto tre salvezze consecutive in serie A con tre dodicesimi posti ed una Mitropa Cup in bacheca, prima della retrocessione al termine del campionato 1989-90, chiuso al diciottesimo ed ultimo posto del torneo. La stagione successiva viene vissuta con voglia di riscatto da parte di un Ascoli che non cede i big come il centravanti brasiliano Walter Junior Casagrande (che sarà infatti capocannoniere della serie B con 22 reti alla pari di Balbo e Baiano) e sotto la guida di Nedo Sonetti in panchina conquista la quarta posizione in campionato, riuscendo così a staccare l’ultimo biglietto valido per il ritorno in serie A. Un esilio durato dunque 365 giorni o poco meno e la promessa di Rozzi di riportare la squadra subito nella massima serie, puntualmente mantenuta.
“In A per restarci“, afferma il presidente nell’estate del 1991 quando sulla panchina dei bianconeri arriva Giancarlo De Sisti ed in campo non c’è più Casagrande, ceduto al Torino, ma un misto fra giocatori di esperienza e quasi a fine carriera come gli ex laziali Piscedda e Bruno Giordano, discrete realtà come i centrocampisti Troglio (vice campione del mondo con l’Argentina ad Italia ’90) e Vervoort, e tante promesse come il talentuoso fantasista Pietro Zaini o il centravanti tedesco Oliver Bierhoff, bloccato dall’Inter e girato in prestito nelle Marche. All’organico a disposizione di De Sisti, tuttavia, sembra mancare ancora qualcosa per definirsi competitivo nella lotta salvezza, soprattutto perché la difesa, a parte le eccellenti doti del portiere Lorieri, non appare solidissima, a centrocampo manca qualità e l’attacco rimane un’incognita: Giordano ha già 35 anni e anche in serie B nella stagione precedente ha giocato e segnato poco (un solo gol in appena 20 presenze), mentre sia Bierhoff che Filippo Maniero sono molto giovani e non forniscono nessuna garanzia circa il loro rendimento sotto porta. Negli articoli di giornale dedicati all’Ascoli, infatti, i cronisti sono tutti concordi nell’affermare che ai bianconeri manchi la classica via di mezzo: in rosa i calciatori sono o troppo anziani o troppo giovani. A gettare acqua sul fuoco, però, ci pensa De Sisti che si dice fiducioso circa le potenzialità del suo gruppo, pronto a giocarsi la salvezza assieme alle rivali.
Il 1 settembre 1991 comincia il campionato e per l’Ascoli c’è subito un ostacolo durissimo, il nuovo Milan di Fabio Capello che si candida come più autorevole candidato allo scudetto. Lo stadio Del Duca è stracolmo nonostante il caldo estivo e l’Ascoli non si comporta neanche male, anzi, tiene botta ad un Milan ancora in rodaggio che passa solo grazie ad una zampata di Marco Van Basten, peraltro anche deviata dallo stopper ascolano Benetti. I giudizi a fine partita non sono per nulla negativi, anche se la formazione di De Sisti non ha praticamente mai impensierito la porta milanista, apparendo sterile in avanti; dal calciomercato di ottobre la società si aspetta ancora un paio di colpi, uno dei quali dovrebbe essere il difensore centrale della Lazio, Roberto Soldà, dato da tutti per concluso e che invece ad Ascoli non arriverà mai. Alla seconda giornata la squadra bianconera pareggia 1-1 in trasferta contro l’Atalanta, passando in vantaggio ad inizio ripresa col terzino sinistro Pergolizzi e venendo raggiunta una decina di minuti più tardi dai bergamaschi con Carlo Perrone. Anche in questo caso l’Ascoli rilascia discrete sensazioni, forse le ultime della stagione poiché da questo momento in poi la squadra sembra naufragare a vista d’occhio, domenica dopo domenica. Al pari con l’Atalanta, infatti, fanno seguito ben 5 sconfitte di fila contro Genoa, Lazio, Sampdoria, Napoli e Foggia, nelle quali i marchigiani segnano appena 2 gol incassandone 14. La gara contro la Fiorentina del 27 ottobre sembra già decisiva per le sorti di De Sisti che proprio contro il suo passato viola si gioca la panchina.
Ascoli-Fiorentina è tutt’altro che una bella partita, i bianconeri non possono permettersi un’altra sconfitta, ma i toscani non è che se la passino così bene: puntuale ecco lo 0-0 finale che, quantomeno, muove l’agonizzante classifica degli ascolani, comunque sempre relegati all’ultimo posto. Una settimana più tardi, però, ecco che torna a splendere un timido raggio di sole sulla truppa di De Sisti: l’Ascoli batte infatti per 1-0 la Cremonese grazie al gol di Benetti a venti minuti dalla fine, conquista il primo successo del campionato e riprende a sperare in una salvezza che appare comunque assai complicata per il valore della squadra che si sta via via dimostrando molto scadente. All’Ascoli, inoltre, non dà una mano neppure il calendario, poiché dopo la sfida con la Cremonese arrivano quelle contro Inter e Juventus che i bianconeri puntualmente perdono, per poi completare la serie negativa con lo 0-2 incassato a Cagliari. De Sisti torna sulla graticola e viene parzialmente salvato dal 2-2 casalingo contro il Bari, seguito dalla sconfitta di Verona e dal pari al Del Duca con la Roma in quella che forse è la miglior partita dell’Ascoli dell’intero girone d’andata: in vantaggio con Bruno Giordano (alla seconda ed ultima rete stagionale che diverrà poi anche l’ultima della carriera per il bomber romano), i padroni di casa sono rimontati dal pareggio di Rizzitelli, nonostante sia opinione comune (romanisti compresi) che la compagine di De Sisti meritasse la vittoria. Ma invece di raccogliere energie e fiducia dalla partita contro i giallorossi, l’Ascoli si scioglie improvvisamente perdendo prima 2-0 a Parma e poi, soprattutto, 4-0 in casa contro il Torino.
E’ il 19 gennaio 1992 quando i bianconeri crollano davanti al proprio pubblico contro i granata, indispettendo ancor di più una tifoseria già inferocita e che durante la gara espone l’eloquente striscione “Alle retrocessioni siamo abituati, alla vergogna no“. Per l’intera partita neanche la curva incita i propri giocatori, si gioca quasi in un clima spettrale fra il cielo nuvoloso ed il silenzio del pubblico, rotto solo dall’esultanza dei quasi mille sostenitori torinisti alle 4 marcature dei piemontesi. A fine partita in sala stampa si sprecano domande e giudizi sulla posizione di Giancarlo De Sisti, dato ormai per spacciato, anche se il diretto interessato si dice pronto a non mollare e dalla società filtra l’intenzione di proseguire col tecnico, anche perché la retrocessione in serie B appare comunque inevitabile e difficilmente qualsiasi altro allenatore sarebbe in grado di invertire la rotta. Passa una settimana e l’Ascoli perde, come preventivato, a San Siro col Milan che si impone per 4-1 nonostante l’assenza di Van Basten ed un po’ di rotazione voluta da Capello; per i marchigiani segna il giovane D’Ainzara, forse una delle poche note liete di una stagione prossima ad un epilogo fallimentare. Stavolta Rozzi non fa sconti nemmeno a De Sisti, esonerato e sostituito da Massimo Cacciatori, ascolano purosangue, ex portiere dei bianconeri, 40 anni ed alla prima esperienza in assoluto come allenatore. A cosa serve? Si chiedono i tifosi, ormai in rivolta contro De Sisti ma che avrebbero preferito un tecnico più navigato ed esperto, anzichè un novellino.
Eppure l’Ascoli sembra smentire lo scetticismo e una settimana più tardi, il 2 febbraio 1992, batte in casa l’Atalanta per 1-0 (rete del difensore Aloisi) sfoderando una prestazione magistrale, probabilmente tardiva. La reazione a fine partita di Costantino Rozzi è clamorosa: “Oggi l’Ascoli ha dimostrato di possedere doti tecniche e caratteriali – sbotta il presidente ai microfoni della Rai – e il cambio in panchina dovevo farlo molto prima, anzi, volevo farlo ma mi sono ritrovato da solo con quell’idea, voi giornalisti eravate tutti per De Sisti ed ora per colpa di questa situazione ci ritroviamo così“. La responsabilità di una probabile retrocessione, insomma, secondo Rozzi va addebitata ai giornalisti che avrebbero giudicato impopolare il cambio in panchina. Non è nuovo, del resto, il patron ascolano a battute vulcaniche e parecchio sui generis ma, a dirla tutta, neanche Cacciatori riesce a fare granché e alla buona prova contro l’Atalanta non fanno seguito che sconfitte: 0-2 col Genoa, 0-1 con la Sampdoria, addirittura 5-1 a Napoli, inframezzate solo dal rocambolesco 1-1 sul campo della Lazio con tanto di rigore fallito dai biancocelesti. Le uniche note positive arrivano dal portiere Lorieri che, pur a fronte di un continuo bombardamento ad ogni partita, tira fuori parate eccezionali e rende i passivi dell’Ascoli meno amari, e dai tanti giovani che Cacciatori fa esordire in serie A e che appaiono più volenterosi dei compagni di squadra più anziani ed ormai poco entusiasti di un campionato destinato in ogni caso a finire male.
Un barlume di speranza ai marchigiani lo regalano le due vittorie di fila, maturate fra l’8 ed il 15 marzo, quando l’Ascoli vince prima 2-1 contro il Foggia al Del Duca e poi, sempre col medesimo punteggio, a Firenze per il primo successo esterno dell’anno. In entrambi i casi va a segno D’Ainzara, probabilmente il calciatore che più si mette in evidenza nel disgraziato torneo dei bianconeri. Cacciatori sa bene che la retrocessione è inevitabile, dice che il campionato va chiuso con dignità cercando di fare il massimo, anche se la sua espressione trasuda tutto tranne che speranze di una rimonta pressoché impossibile. La Cremonese taglia definitivamente le gambe ai marchigiani il 29 marzo, vincendo lo scontro diretto allo Zini per 3-1, poi al Del Duca passa l’Inter che fa sua la gara per 2-1 e a Torino la Juve si impone sulla squadra di Cacciatori, sconfitta da un dignitoso 1-0; infine il 18 aprile, nel sabato di Pasqua, l’Ascoli viene sconfitto per 3-1 in casa dal Cagliari certificando aritmeticamente la retrocessione in serie B con ancora 5 giornate da disputare. A fine partita c’è poco da dire o da commentare, l’epilogo era ormai scontato da mesi, forse addirittura dalla fine del girone d’andata, nonostante il rendimento della squadra fosse migliorato con l’avvicendamento in panchina. L’Ascoli perde 4 delle ultime 5 partite, ottenendo solo un pareggio casalingo contro il Verona, altra retrocessa, e uscendo sconfitto dai confronti contro Bari, Roma, Parma e Torino; Roma-Ascoli del 10 maggio regala a Fabrizio Lorieri le copertine dei giornali: il portiere ascolano para tutto, vola a destra e a sinistra bloccando e respingendo ogni pallone, compreso un calcio di rigore di Rizzitelli, per poi cadere quasi al 90′ su un beffardo colpo di testa di Carnevale.
L’Ascoli torna immediatamente in serie B, ma stavolta non arriverà la rapida risalita: i bianconeri chiuderanno la stagione 1992-93 sfiorando la promozione, persa solo all’ultima giornata nello scontro diretto di Padova che deluderà entrambe, mentre l’anno successivo finirà sesto senza riuscire ad inserirsi in zona promozione. L’annata 1994-95, infine, vedrà gli ascolani retrocedere mestamente in serie C1, epilogo amarissimo a cui però Costantino Rozzi non assisterà. Il presidente si spegne infatti il 18 dicembre 1994, proprio nel giorno in cui il suo Ascoli trova la forza di fargli un ultimo regalo battendo per 3-0 il Pescara. L’Ascoli 91-92 è stato l’ultimo a vivere la serie A sotto la presidenza di Rozzi, in un’annata disgraziata e priva di soddisfazioni, rimasta però nel cuore di tutti gli ascolani come il commiato dal grande calcio del loro storico papà.
di Marco Milan