C’è posta per tech | Trump epurato

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Secondo appuntamento con la rubrica che fa luce su tecnologia, data protection, cybersecurity, proprietà intellettuale

La vigilia di San Valentino ha portato fortuna a Donald Trump: è stato assolto dal Senato americano nel processo per impeachment, il secondo nell’arco del suo mandato alla Casa Bianca. L’assoluzione costituisce il suo lasciapassare per le elezioni del 2024, alle quali potrebbe tranquillamente ricandidarsi.
Ma per capire esattamente cosa sia successo è doveroso fare un passo indietro, ai primi giorni di un 2021 tanto agognato dopo un annus horribilis.

Il 6 gennaio migliaia di miliziani pro Trump, dallo stesso incitati, hanno assalito il palazzo del Congresso mentre all’interno deputati e senatori si apprestavano a ratificare la vittoria di Joe Biden e Kamala Harris.

Lungi dal dispensare giudizi sulla sua carriera politica e sul suo operato come Presidente degli Stati Uniti, il main goal di queste poche righe è provare a suscitare nei lettori un piccolo pensiero critico partendo dal seguente principio: nessun fornitore e nessun utilizzatore di servizi internet può essere considerato responsabile, come editore o autore di una qualsiasi informazione fornita da terzi (Section 230 del Comunication Defency Act del 1996).

Cosa c’entri questo concetto con l’articolo lo capirete tra poco, ciò da cui partire sono le risposte ai fatti del 6 gennaio delle principali piattaforme social: sebbene le maggiori testate giornalistiche e agenzie di stampa seguissero con stupore e preoccupazione il susseguirsi caotico degli eventi, il vero spettacolo andava in onda sui social network. Tweet, retweet, post, stories: ogni angolo del pianeta è stato raggiunto dalla immagine dell’attacco a Capitol Hill. La reazione a tutto questo è stata la sospensione temporanea e in alcuni casi permanente dell’ormai ex presidente degli States:

• da Twitter che, nell’immediatezza del fatto, lanciava al Presidente progressivi avvisi e ban parziali ma, nel mentre, gli permetteva di condividere la cronistoria dell’assalto per poi, solo in seguito, provvedere al ban permanente del suo account (qui potete approfondire le ragioni della decisione)
• passando per TikTok che ha messo al bando i video e i discorsi precedenti all’assalto a Capitol Hill.
• sino a Facebook che con un post di Zuckerberg datato 7 gennaio annunciava la sospensione dell’account a tempo indeterminato.

Quello che è accaduto ai canali social di Trump è il cosiddetto deplatforming: cancellare qualcuno da un social media o piattaforma digitale quando viola le regole. La definizione è del giornalista Casey Newton nell’editoriale The Verge (leggi qui).

Tutto ciò che è illegale e nocivo fuori dalla rete lo è anche sulla rete

L’intera vicenda Trump è stata sinonimo di un grande cambiamento che ha consentito, e consentirà, di riflettere sui difetti della digital communication. Oggi più che mai, reale è digitale e viceversa, e ciò che facciamo online ha delle conseguenze anche offline.
La rilevanza della disattivazione di un account, sebbene di un Presidente, ha una sua importanza non tanto per il fatto in sé, quanto piuttosto per la forte presa di posizione delle piattaforme in un contesto ove sono esenti da responsabilità.

Non discutiamo sulla correttezza della condotta, ma sul fatto che tale reazione potesse avvenire prima: Trump, attraverso il suo profilo Twitter, non ha detto ai suoi sostenitori di assaltare il Congresso, ma ha creato un vero e proprio percorso che avrebbe portato inevitabilmente a quella conclusione: ha portato i suoi a Washington, ha organizzato un convegno poco precedente l’inizio dei lavori, ha detto a suoi di marciare su Pennsylvania Avenue.

Anche se non è semplice trovare un rimedio, forse si potrebbe iniziare considerando le piattaforme social alla stregua di veri e propri editori con un assunzione di responsabilità per i contenuti pubblicati su di essi.
Un’altra soluzione potrebbe essere quella di stabilire un canone preciso di regole da applicare indistintamente a tutti e in maniera più rigorosa agli account che hanno più seguito.

(Valentina Arena e Davide Rapallino)

(Immagine di Grazia Pia Attolini)

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