Amarcord: Intertoto, l’avventura europea del Brescia
Sarebbe inutile fare un sondaggio tra i tifosi del Brescia per conoscere il campione della loro squadra più amato. La risposta sarebbe senza ombra di dubbio Roberto Baggio, a Brescia dal 2000 al 2004, anno in cui ha terminato la sua carriera. Proprio a Baggio è legato anche l’unico vero ricordo europeo della compagine lombarda, iscritta e partecipante all’Intertoto 2001.
Val la pena ricordare che l’Intertoto (introdotto come competizione Uefa a metà anni novanta e soppresso nel 2008) era l’anticamera della Coppa Uefa: le squadre che non riuscivano a qualificarsi per le coppe avevano una sorta di preliminare con diversi turni a disposizione che garantiva 3 posti alle 3 squadre in grado di vincere le finali. In Italia l’Intertoto non ha mai attirato granché i club, quelli più piccoli perché poco attrezzati per giocare in Europa sia come infrastrutture che come organici, quelli più grandi perché credevano che sacrificare una notevole fetta del ritiro estivo per giocare partite di basso livello col rischio di arrivare a marzo-aprile successivi senza benzina, fosse un azzardo da non correre. Alcune eccezioni, però, ci sono state: la Juventus partecipò e vinse l’Intertoto nell’estate del 1999, un anno prima aveva avuto stessa sorte il Bologna che poi era riuscito addirittura a giungere sino alla semifinale Uefa. Nel 2000 tocca all’Udinese che vince l’Intertoto nella doppia finale contro i cechi del Sigma Olomouc, e poi un anno più tardi ecco il Brescia di Mazzone e Roberto Baggio, alla prima esperienza continentale della sua storia.
Ed è proprio Carlo Mazzone nell’estate del 2001 a convincere il presidente bresciano Corioni ad iscrivere la squadra all’Intertoto, proprio lo stesso allenatore che vi aveva guidato il Bologna di cui si diceva pocanzi. Corioni è inizialmente riluttante, teme che la squadra possa pagare dazio in campionato, ma Mazzone ribatte: “E’ un’opportunità, presidente, cogliamola e regaliamo l’Europa a questa città“. E poi c’è Baggio, un fuoriclasse assoluto, l’idolo dell’Italia intera, che da un anno ha scelto Brescia come oasi di tranquillità per chiudere la sua fantastica carriera e che sarebbe ben felice di aggiungere qualche partita di coppa a quelle di campionato, oltre a garantire carisma, visibilità ed esperienza ad una rosa tutt’altro che pratica di competizioni europee. Alla fine Corioni si decide, iscrive il Brescia all’Intertoto e regala a Mazzone pure qualche rinforzo, primo fra tutti quello di Luca Toni, per il quale la società lombarda sborsa ben 30 miliardi di lire per strapparlo al Vicenza e che è ancora oggi l’acquisto più costoso nella storia del club. Toni sbarca a Brescia il 12 luglio 2001, esattamente 48 ore prima dell’esordio assoluto del Brescia in Europa, previsto per il 14 al Rigamonti contro gli sconosciuti (o quasi) ungheresi del Tatabanya.
Ma l’avversario ha poca importanza, così come poco interessa che la partita di quella sera non sia la solita noiosa amichevole pre campionato, bensì un turno di coppa e stavolta a giocarla sono gli idoli locali di una città che non sta più nella pelle per quel debutto. Allo stadio Rigamonti ci sono 5 mila spettatori, è metà luglio ma in tanti vogliono stare vicini al Brescia che dopo 23′ sblocca la situazione col giovane attaccante cileno Salgado, poi dopo nemmeno 10 minuti raddoppia con Guana: 2-0, sembra fatta ma qualche istante dopo la difesa di Mazzone si distrae e il Tatabanya segna il 2-1 che sarà anche il risultato finale. Tutto rimandato alla gara di ritorno, dunque, nella quale le rondinelle dovranno difendere l’unico ma prezioso gol di vantaggio. Gli ungheresi, onestamente, sembrano formazione da discreta serie B italiana e nulla più, ma l’inesperienza del Brescia non mette ancora a riparo la compagine lombarda da brutte sorprese in terra magiara. Inoltre, non è ancora disponibile Roberto Baggio che svolge una preparazione particolare e che, vista anche l’età e gli infortuni pregressi, non vuol essere rischiato se non quando sarà necessario, anche perché (e su questo Corioni è stato lapidario), va bene l’Intertoto, va bene il sogno europeo, ma la priorità totale va data al campionato, per cui in coppa dentro tanti rincalzi e qualche giovane.
Il 21 luglio il Brescia va in Ungheria per difendere il 2-1 dell’andata, lo stadio è minuscolo ma i tifosi del Tatabanya fanno un chiasso infernale, Mazzone dice ai suoi collaboratori in tipico accento romanesco: “Ao, ma che stamo ar mercato?“. Prima dell’intervallo, comunque, un altro gol di Guana (centrocampista col vizio del gol) sigla lo 0-1 che di fatto consegna la qualificazione al Brescia e a poco serve il pareggio degli ungheresi a metà ripresa; Brescia in semifinale dove se la vedrà con i cechi del Chmel Blsany, altro avversario sulla carta abbordabile per i biancoazzurri. Alle 17 locali del 25 luglio si gioca Chmel Blsany-Brescia, andata della semifinale Intertoto: la gara è tirata, i cechi lottano, pur consapevoli di una qualità tecnica inferiore agli italiani, comunque imbrigliati da un avversario tenace che resiste per tutto il primo tempo e fino al quarto d’ora della ripresa quando Simone Del Nero infila la porta per l’1-0 bresciano; è l’apriscatole della partita, il Brescia trova più spazi e al minuto 82 uno dei due gemelli Filippini (Emanuele) riesce a realizzare pure lo 0-2, prima del gol del Blsany al 90′. Il più, comunque, sembra fatto, ma nella gara di ritorno al Rigamonti il 1 agosto, il Brescia appare superficiale e svogliato, becca lo 0-1 dopo pochi secondi e rischia più volte di buscare anche il raddoppio. Al 33′, però, ci pensa il centravanti albanese Igli Tare a pareggiare, ma la ripresa inizia male come la prima frazione di gioco e i cechi si portano sull’1-2 facendo tremare lo stadio. Al 72′, infine, l’altro Filippini (Antonio) segna il 2-2 che evita i supplementari e porta il Brescia in finale.
Ora tra la squadra di Mazzone e la Coppa Uefa c’è un ultimo ma altissimo ostacolo: il Paris Saint Germain. Intendiamoci, il club francese non è certo ancora quello della proprietà attuale che compra chi vuole, quando vuole e come vuole, e infatti nel 2001 è lì a sgomitare per entrare in Uefa dalla porta di servizio, ma è comunque squadra più attrezzata e completa di un Brescia deciso in ogni caso a vendere cara la pelle. A Brescia non si parla d’altro, così come tutti si chiedono se finalmente tornerà in campo Roberto Baggio, risparmiato nei turni precedenti, proprio per arrivare alla finale tirato a lucido. E Baggio c’è la sera di quel 7 agosto 2001 quando il Brescia scende in campo al Parco dei Principi di Parigi davanti a quasi 40 mila spettatori; a mancare, semmai, è la diretta televisiva in Italia, e molti tifosi (anche non bresciani) se ne lamentano perché quella partita stuzzica l’interesse di tanti e anche perché quasi tutti ricordano che, ad esempio, l’avventura del Bologna e dell’Udinese in Intertoto erano state trasmesse in diretta e dalla Rai, cosa che invece stavolta non avviene. Fatto sta che i lombardi partono per Parigi da sfavoriti ma con chiare intenzioni di giocarsi la qualificazione fino in fondo, già orgogliosi di esser giunti alle soglie della Coppa Uefa.
La partita, peraltro, è assai più combattuta di quanto credessero in Francia, perché il Paris Saint Germain sente la pressione e non è ancora al massimo della forma e perché il Brescia, come detto, ha ben poco da perdere e in più di un’occasione mette paura ai parigini con la coppia d’attacco Baggio-Toni che è di tutto rispetto. Il risultato finale di 0-0 non va male a nessuna delle due: il Psg sa che segnando al Rigamonti avrà ottime possibilità di passare il turno, il Brescia è convinto di poter provare a vincere in mezzo alla sua gente e col calore del pubblico. La sera del 14 agosto 2001 allo stadio di Brescia ci sono quasi 25 mila spettatori, la curva contesta Corioni per il prezzo dei biglietti, la gente a casa si appiccica alle radioline dove diverse emittenti locali trasmettono lo storico incontro che, viceversa, le televisioni snobbano nuovamente. Sui giornali escono articoli di speranza e qualche lavagna tattica spiega perché la formazione di Mazzone possa fare lo sgambetto a quella di Luis Fernandez che, al di là del centravanti Anelka che 2-3 estati prima si erano contese Lazio e Real Madrid a suon di miliardi, non sembra avere stelle in rosa.
L’avvio di gara è guardingo per entrambe, anche perché ognuna delle due squadre sa di avere qualcosa da perdere e da rischiare, e il fatto che il pronostico penda tutto dalla parte dei francesi conta ormai relativamente poco, ora i 22 calciatori sono in campo e anche il minimo errore può costare la qualificazione che per il Brescia sarebbe il punto più alto della sua storia, per il Paris Saint Germain il minimo sindacale. La prima frazione si chiude sullo 0-0 e, nonostante il predominio territoriale dei transalpini, l’impressione rilasciata dai biancoazzurri è tutt’altro che negativa. Nella ripresa, però, la squadra di Mazzone ha il torto (o la sfortuna) di non riuscire ad essere incisiva, Baggio ha un paio di palloni buoni che prova ad offrire ai compagni, ma l’azione bresciana risulta sempre un pizzico lenta rispetto al dovuto. Il Paris Saint Germain prende coraggio, spaventa il portiere Castellazzi con 2-3 avvertimenti, poi al 75′ colpisce col centravanti brasiliano Aloisio che si libera spalle alla porta della marcatura e poi batte a rete di destro gelando il Rigamonti: 0-1, ora il Brescia ha un quarto d’ora per segnare due gol. Passano 5 minuti e Baggio si procura d’astuzia un calcio di rigore per un contatto col portiere: dagli undici metri va lo stesso fantasista che spiazza Letizi e firma l’1-1 che regala ancora qualche speranza al Brescia. Il tempo è poco, i lombardi attaccano ma i francesi difendono con ordine e rischiano poco o nulla: alla fine è 1-1, Brescia eliminato per la regola dei gol in trasferta ed applaudito da un pubblico deluso ma orgoglioso.
L’avventura europea del Brescia termina alla vigilia di Ferragosto con un pareggio che grida vendetta e genera qualche rimpianto nella truppa di Mazzone, anche se la sensazione generale è che la squadra abbia fatto il possibile, superando agevolmente i due turni precedenti ed arrendendosi in finale ad un avversario più forte ed esperto, ma con l’orgoglio di aver chiuso il torneo senza sconfitte. Impossibile dimenticare, impossibile non applaudire ancora oggi quel Brescia talentuoso e dalle mille risorse.
di Marco Milan
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