Amarcord: Costantino Borneo, storia di un record difficilmente eguagliabile

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Storie di record, di gol, di promesse non mantenute. Il calcio ci mette ogni giorno di fronte a realtà simili eppur così diverse fra di loro, ogni racconto è unico, ogni protagonista differente, anche se legami e scenari possono essere simili. Alzi la mano chi, così a bruciapelo, conosce Costantino Borneo, detto Tino, un calciatore sconosciuto ai più ma che detiene ancora oggi un primato quasi impossibile da eguagliare.

Costantino Borneo è un centravanti, nato il 17 settembre 1972, 1 metro e 80 di altezza per un peso forma di 75 kg, esattamente ciò che si chiede ad un atleta per essere quasi perfetto dal punto di vista fisico. Nelle giovanili del Milan, Borneo cresce bene e, soprattutto, dimostra di saper far gol, attacca gli spazi, punta il primo palo, è abile coi piedi e di testa, e pur non possedendo un talento fuori dal comune, in molti gli pronosticano una carriera importante perché nel calcio, si sa, di un buon centravanti c’è sempre bisogno. Gli allenatori ne parlano bene, le voci arrivano anche alla prima squadra che, nel frattempo, è impegnata a vincere scudetti e, soprattutto, coppe. Il Milan di Arrigo Sacchi conquista nell’ordine lo scudetto nel 1988, poi fa il bis in Coppa Campioni prima nel 1989 e poi nel 1990, e in mezzo ci schiaffa anche Supercoppe di vario genere e l’Intercontinentale vinta a dicembre del 1989. I rossoneri, insomma, sono la squadra più forte del mondo e Costantino Borneo sogna di giocare un giorno assieme a quei fuoriclasse, di alzare anche lui qualche trofeo, di esultare dentro un San Siro pieno e festante.

Intanto si allena con la Primavera e nell’estate del 1990 qualcuno gli sussurra all’orecchio che Sacchi lo tiene in grande considerazione: “Attento – gli dicono – allenati bene e non fare scemenze, impegnati perché prima o poi quest’anno vai in panchina con la prima squadra“. Borneo si allena, non ha bisogno che qualcuno gli ricordi di essere serio, lui ci tiene a fare il calciatore e vuole arrivare in alto. Certo, giocare nel Milan nella stagione 90-91 sembra complicato: in attacco Sacchi può contare su Marco Van Basten, su Ruud Gullit (reduce, però, da quasi un anno di guai fisici), su Daniele Massaro e su Massimo Agostini, oltre che sul giovane Marco Simone che già la stagione precedente si è preso qualche bella soddisfazione. La stagione milanista parte bene, i rossoneri sono in lotta per il vertice in campionato e puntano al tris in Coppa dei Campioni; poi c’è pure la Coppa Italia, competizione che per antonomasia a Milanello non amano granché e che il Milan non vince addirittura dagli anni settanta. Eppure, lo squadrone di Sacchi passa agevolmente il primo turno eliminando la Triestina, formazione di serie B, e trovandosi agli ottavi di finale contro il Lecce.

I salentini militano in A, sono allenati da Zibì Boniek e vivranno un’annata tribolata che li farà sprofondare in serie B. In rosa c’è perfino una vecchia conoscenza milanista, l’attaccante Pietro Paolo Virdis che già da un anno gioca in Puglia dopo essere stato uno dei grandi protagonisti del primo Milan berlusconiano. Nel mese di novembre, quando è programmata la doppia sfida di coppa fra leccesi e rossoneri, il Milan è impegnatissimo: c’è il campionato, la Coppa Campioni, ma ci sono da preparare anche le sfide della Supercoppa Europea con la Sampdoria e l’Intercontinentale di dicembre con i paraguaiani dell’Olympia Asuncion; non c’è posto per nessun infortunio, neanche di lieve natura, anche perché le lamentele sullo stato pessimo del prato di San Siro sono tante, le zolle si alzano, le buche sembrano trappole per alci, le rizollature dopo le partite diventano una sorta di ritornello che accompagnerà Milano per la prima metà degli anni novanta. E così, Sacchi inizia a sfogliare la margherita dei giovanotti in forza al suo organico: il terzino Costi, l’altro laterale Salvatori (che andrà poi in prestito alla Fiorentina), i sempre utili Angelo Carbone (che decide con un gol la sfida europea col Bruges), Gianluca Gaudenzi e Marco Simone.

Il 14 novembre 1990 i rossoneri liquidano il Lecce nell’andata della sfida di Coppa Italia: dopo l’autogol di Giacomo Ferri (fratello dell’interista Riccardo), segnano proprio due gregari come Salvatori e Agostini ed il 3-0 finale mette a riparo il Milan da brutte sorprese in vista del ritorno in Puglia, programmato per la settimana successiva. Inoltre, 4 giorni dopo la gara di coppa andrà in scena il derby di campionato contro l’Inter, motivo per cui appare subito chiaro che a Lecce giocheranno 11 riserve o quasi. Sacchi chiama il tecnico della Primavera: “Mi serve qualche ragazzo da portare con me a Lecce – gli dice – dammi anche quel centravanti di cui mi parli sempre, Borneo“. Costantino Borneo andrà a Lecce con la prima squadra, a 18 anni, quando glielo dicono stenta a crederci, quando deve imbarcarsi rimane imbambolato, quasi non parla, poi si mette a correre per raggiungere i compagni. Per il Milan quella trasferta in Salento è un impegno quasi noioso, la testa è al derby della domenica, ma per Borneo è l’occasione della vita, l’opportunità da non mancare, da non fallire. L’importante è esserci, chissà che Sacchi non gli regali qualche minuto.

E’ il 21 novembre 1990, allo stadio Via del Mare di Lecce ci sono meno di duemila spettatori, i due allenatori mandano in campo le riserve, anzi, Boniek spedisce sul terreno di gioco mezza Primavera, mentre Sacchi si affida a quello che all’epoca chiamavano Milan2, coi soli Ancelotti e Massaro a far da gendarmi a quella ciurma più inesperta. Dopo 9 minuti segna proprio Massaro ma poco dopo ecco la svolta, non della partita, ma per Borneo: lo stesso Massaro si fa male e chiede il cambio, Sacchi manda accidenti a tutti e intanto spedisce in campo proprio il giovane attaccante delle giovanili: “Tino – gli urla – vai dentro!”. Borneo si sfila in fretta la tuta, quasi ci inciampa dentro, quasi non si ricorda come ci si tolga un paio di pantaloni di cotone. E’ il momento dell’esordio con la prima squadra, impossibile da dimenticare. Il Lecce, intanto, pareggia col giovane D’Onofrio e sull’1-1 si va pure all’intervallo. Nella ripresa la partita è sonnacchiosa, fino al minuto 18 quando una punizione calciata da Ancelotti viene prima deviata dalla barriera, poi respinta dal portiere leccese Gatta; sulla palla si butta in scivolata Borneo che insacca la rete dell’1-2 ed esulta per quello che è il suo momento più bello, la sua gioia più grande, ha fatto gol col Milan! L’entusiasmo e l’adrenalina sono a mille, il giovane talento ci riprova poco dopo in mezza rovesciata ma Gatta para. La partita termina 2-2, il Milan passa ai quarti di finale e inizia a pensare all’Inter.

Per Costantino Borneo quella sera rimane indimenticabile, probabilmente non dorme, certo nel 1990 non c’è ancora internet dove fiondarsi per riguardare il gol, non ci sono i telefonini, quindi può chiamare la mamma solo dal telefono pubblico dello stadio. La stagione si chiude con quell’unica presenza, condita da una rete; zero minuti in campionato, zero nelle coppe, anche in Coppa Italia per Borneo non ci sono più spazi. Torna in Primavera, sarà chiuso negli anni successivi dalle straripanti rose costruite da Berlusconi e nel novembre del 1992 Borneo andrà a giocare in C2 all’Olbia, poi si accaserà al Palazzolo in C1, quindi scenderà in serie D (allora Campionato Nazionale Dilettanti) dove giocherà con le maglie di Corsico e Poggibonsi, prima di tornare in C a Roma con la Lodigiani ed esplodere a Viterbo dove nella stagione 98-99 contribuisce alla promozione dalla C2 alla C1 della Viterbese, realizzando 18 gol. E’ il momento in cui si torna a parlare di quel centravanti che al debutto col Milan aveva segnato e che poi era finito nel dimenticatoio, schiacciato dalla concorrenza a Milanello, forse non adatto ai palcoscenici della serie A.

In un’intervista del 2004, quando gioca a Pesaro in C1 e segna con costanza, Borneo ammette di aver perso il treno della serie A, ma si dice convinto di poter giocare almeno in B. Dopo Viterbo ha militato nella Cremonese e nella Lucchese, sempre in C1, e ha fatto un buon numero di gol, così come nella Vis Pesaro e così come accadrà pure nella Sambenedettese. Niente serie B, però, Costantino Borneo rimarrà uno di quegli attaccanti di categoria, intrappolato da quell’etichetta che non gli consegnerà la fiducia di chi avrebbe potuto fargli assaggiare almeno la serie B. Chiuderà la sua carriera giocando ancora con Reggiana, Ivrea, Massese e Biellese, sempre fra C1 e C2, prima di diventare allenatore e tornare al Milan dove guiderà con ottimi risultati nelle giovanili, proprio laddove era partito. Si è fatto largo in serie C, ha segnato meno di altri, ma si è difeso bene in categorie dove più della tecnica servono carattere e personalità, ma soprattutto ancora oggi Costantino Borneo vanta un primato difficilmente eguagliabile: ha fatto gol con il Milan nell’unica presenza ufficiale in rossonero, record che colloca lui e quel Lecce-Milan di Coppa Italia del 21 novembre 1990 nella storia.

Tante storie invecchiano, i colori si ingialliscono, i ricordi si accavallano. E’ impossibile, però, confondere la vicenda di Costantino Borneo, non è complicato stilare la sua singolare statistica milanista: una presenza e un gol, forse lui stesso non sa se riderne, rammaricarsi o andarne fiero. Sì, non era un fenomeno Borneo, non aveva la classe di Van Basten e neanche la costanza di Massaro, ma avrebbe meritato probabilmente di più, magari non al Milan, di certo non soltanto in squadre non di prima fascia della serie C1. Ma è andata così e quell’unica luce permette oggi di parlare ancora di lui in un calcio completamente cambiato.

di Marco Milan

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