Amarcord: Italia ’90, il congedo dell’Unione Sovietica
L’ultima recita, l’ultima sbiadita e malinconica apparizione di una nazionale che ha fatto epoca. Il segno di un mondo che stava cambiando e di un impero vicinissimo a passare la mano. I mondiali italiani del 1990 hanno rappresentato non solo l’ultima divisione fra Germania Est e Ovest dopo la caduta del Muro di Berlino, ma anche l’ultima uscita dell’Unione Sovietica che dall’anno successivo cesserà di esistere sia nella geopolitica che nello sport.
La vecchia U.R.S.S. aveva scritto pagine importanti nel calcio e nel 1988 era andata ad un passo dalla vittoria degli Europei tedeschi, perdendo solamente la finale di Monaco di Baviera contro la supersonica Olanda del trio milanista Gullit-Rijkaard-Van Basten. Nello stesso anno, comunque, i sovietici avevano vinto l’oro olimpico a Seul, dimostrandosi formazione solida e compatta, guidata dal colonnello Lobanovskiy, un duro che di calcio capiva e che sapeva come far ottenere risultati alle sue squadre. In vista dei Mondiali del 1990, dunque, l’Unione Sovietica appare come una delle possibili rivelazioni del torneo, anzi, per molti è già una certezza ed il secondo posto ad Euro ’88 potrebbe essere solo il preludio ad una coppa del mondo da protagonisti. La situazione del paese, però, inizia a farsi complicata perché la caduta dell’impero sovietico è vicina e l’indipendenza degli stati agglomerati ormai ad un passo, tanto che già nel 1990 la Georgia si staccherà dall’unione.
Tuttavia, la nazionale sovietica si qualifica agevolmente per Italia ’90 vincendo il proprio girone davanti all’Austria (anch’essa qualificata), alla Turchia, alla Germania Est e all’Islanda. La stella della squadra continua ad essere il portiere Dasaev, ma anche lo juventino Alejnikov ed il futuro genoano Dobrovolskij sono nomi di spessore per l’epoca. Il sorteggio inserisce l’U.R.S.S. nel raggruppamento B assieme ai campioni del mondo in carica dell’Argentina, alla Romania e al Camerun, un girone che appare tutto sommato alla portata dei sovietici. Eppure, fin dalle prime battute la nazionale biancorossa non è la stessa che due anni prima aveva sfiorato la vittoria agli Europei; già la maglia è diversa, manca la storica scritta CCCP sul petto, altro segnale che la fine dell’Impero è vicina. Nella prima uscita, poi, l’U.R.S.S. esce sconfitto per 2-0 dalla sfida di Bari contro la frizzante Romania che vince grazie ad una doppietta di Marius Lacatus, neo acquisto della Fiorentina. E’ il 9 giugno 1990 e Italia ’90 comincia nel peggiore dei modi per la nazionale di Lobanovskiy che non si ritrova in campo, sembra lenta, fuori fase e completamente diversa nello spirito rispetto al passato.
La seconda partita è una sorta di spareggio per la sopravvivenza: si gioca a Napoli e di fronte c’è l’Argentina di Maradona che all’esordio ha clamorosamente perso per 1-0 contro il Camerun. Inutile dire che chi perde è eliminato, ma anche che il pareggio metterebbe a serio rischio la qualificazione per entrambe; il regolamento dice che agli ottavi di finale vanno le prime due di ogni girone, più le 4 migliori terze classificate. L’Argentina non è la stessa di Messico ’86 e la paura è più forte della voglia di dare spettacolo, ma ciò nonostante i sudamericani si impongono 2-0 con i gol di Troglio nel primo tempo e di Burruchaga a dieci minuti dal termine; è il 13 giugno e l’Unione Sovietica è di fatto fuori dai mondiali, una vera e propria sorpresa considerando il secondo posto agli Europei di due anni prima ed un girone per nulla proibitivo con Romania e Camerun che apparivano di un livello più basso rispetto ai sovietici e che, assieme all’Argentina, si qualificheranno invece per gli ottavi di finale. L’utlima partita diventa così inutile per l’U.R.S.S. che il 18 giugno a Bari travolge per 4-0 un demotivato Camerun: segnano Protasov, Zygmantovic, Zavarov e Dobrovolskij. Il successo passa quasi inosservato, ma permette all’Unione Sovietica di non chiudere a zero e senza vittorie una rassegna comunque deludente.
Nonostante i brutti mondiali, però, l’U.R.S.S. strappa la qualificazione per Euro ’92, oltretutto a spese dell’Italia, anche se i sovietici non giocheranno mai quel torneo, non come Unione Sovietica, almeno. Fra il 1991 e il 1992, infatti, l’Unione Sovietica cessa di esistere e agli Europei svedesi del 1992 scende in campo per la prima ed unica volta la C.S.I., ovvero la Comunità degli Stati Indipendenti, anello di congiunzione fra la vecchia U.R.S.S. e le nuove nazioni che dalle qualificazioni per Usa ’94 inizieranno a schierare le proprie nazionali. Italia ’90 diventa così l’ultimo palcoscenico ad aver ospitato l’Unione Sovietica che, forse alla fine di un ciclo o forse condizionata dalla rivoluzione del paese, ha recitato una delle più scialbe parti della sua carriera calcistica.
di Marco Milan