Amarcord: la breve avventura di Jurgen Klinsmann alla Sampdoria

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Per i più giovani è semplicemente il commissario tecnico della nazionale tedesca battuta nel 2006 a Dortmund dall’Italia di Lippi in semifinale, ma per chi ha qualche anno in più Jurgen Klinsmann è stato uno dei centravanti più forti della sua epoca, cannoniere di Stoccarda, Inter, Monaco, Tottenham, Bayern Monaco, oltre che della sua nazionale con cui vinse i Mondiali nel 1990 e con cui segnò 38 reti in 80 partite. Jurgen Klinsmann ha giocato anche nella Sampdoria, anche se in pochi lo ricordano, un’esperienza breve e poco fortunata, entrata a pieno titolo nel libro dei romantici ricordi.

Nell’estate del 1997 la Sampdoria presenta il suo nuovo attaccante che è poi una vecchia conoscenza del calcio italiano, soprattutto dei tifosi interisti: si tratta di Jurgen Klinsmann, centravanti tedesco classe 1964, calciatore nel pieno della maturità (anzi, forse anche qualcosa in più) che ha scelto di lasciare il Bayern Monaco (dove non era più titolare) per rimettersi in gioco in vista dei mondiali francesi del 1998. In molti lo vogliono, sia in Germania che in Inghilterra, ma Klinsmann vorrebbe tornare in Italia dove si è trovato bene e dove anche la famiglia spinge per stabilirsi; c’è il Parma che sembra vicino all’accordo col tedesco, ma alla fine la spunta la Sampdoria che già nella primavera del 1997 annuncia l’acquisto di Klinsmann. E’ lo stesso attaccante a spiegare la sua scelta: “La Sampdoria è un club serio ed in continua crescita – afferma in un italiano ancora ottimo – la squadra si classifica sempre nelle prime 5-6 posizioni di un campionato difficile come la serie A, lo stadio è bellissimo e la tifoseria tra le più calde“. La società blucerchiata ha assunto come tecnico l’argentino Menotti e in attacco vuole un carniere atomico dopo l’addio di Roberto Mancini, passato alla Lazio: accanto a Montella e Tovalieri, infatti, ecco l’elemento di esperienza internazionale, ecco Jurgen Klinsmann.

Il tedesco, 33 anni, è ancora integro fisicamente e molto motivato, sa che dalle sue prestazioni con la Samp può nascere il suo ruolo a Francia ’98 dove la convocazione appare certa, la titolarità un po’ meno. Menotti parte con un classico 4-4-2, in attacco il posto fisso è di Montella accanto al quale si alternano Tovalieri e Klinsmann. L’avvio è complicato per il tedesco, ancora in ritardo di condizione, con i due italiani che segnano più di lui che rimane al palo per il primo mese di stagione. La Sampdoria, inoltre, già alla fine di settembre è fuori dalla Coppa Uefa, eliminata dall’Athletic Bilbao, e pure l’avvio in campionato è più stentato che mai con appena 8 punti racimolati nelle prime 7 giornate e due sole vittorie, all’esordio contro il Vicenza e il 19 ottobre contro il Piacenza, sempre a Marassi. Klinsmann si sta pian piano riprendendo, la forma fisica migliora, ma proprio in questo periodo, dopo il ko di Roma contro la Lazio del 9 novembre 1997, la Sampdoria esonera Menotti e richiama in panchina Vujadin Boskov, artefice dello storico scudetto doriano del 1991. Il tecnico jugoslavo cambia qualcosa tatticamente, passa al 3-5-2 con Montella e Tovalieri in attacco, il 30 novembre la Samp è sotto 2-0 a Bologna, ma nella ripresa rientra in partita prima con il gol di Laigle, poi con il pareggio di Klinsmann, al primo centro con la maglia ligure.

Sembra l’inizio di una bella storia, sarà invece la fine. Proprio in quella settimana, infatti, i blucerchiati si preparano a sfidare l’Inter capolista in quella che per Klinsmann è la partita del cuore. Boskov carica il tedesco, gli promette che giocherà, lo sprona, poi il venerdì sera guardando la televisione, l’attaccante scopre che l’allenatore ha dichiarato in conferenza stampa che in attacco ci saranno Montella e Tovalieri e che Klinsmann sarà utile a gara in corso. E’ la spaccatura fra i due, il tedesco si sente tradito, è offeso, inoltre non può permettersi di entrare mezz’ora ogni domenica, deve giocare, ne ha bisogno per la nazionale e per i mondiali. Preso forse dall’ansia o forse dall’orgoglio, o più probabilmente da entrambi i sentimenti, Jurgen Klinsmann si accorda in gran segreto col Tottenham che naviga in cattive acque in Premier League e con cui l’ex interista ha già giocato nella stagione 1994-95 segnando più di 20 gol. Il club britannico annuncia l’acquisto del tedesco, è un fulmine a ciel sereno in casa sampdoriana, anche se il presidente Enrico Mantovani era già informato delle visite mediche (effettuate in segreto dal calciatore) a Londra da un Klinsmann che aveva candidamente confessato: “Voglio andare via per giocare con continuità“.

Boskov, che nel frattempo ha pure cambiato modulo modificandolo in un 4-3-3 che prevede Montella come unico centravanti, fa spallucce: “Tovalieri è andato in serie B al Perugia – dice il tecnico – Klinsmann sento dire che se ne andrà in Inghilterra. Pazienza, farò giocare quelli che restano e che arriveranno“. A Genova, intanto, sbarca Giuseppe Signori, in rotta con la Lazio, mentre il 21 dicembre 1997 un Kinsmann ormai diretto verso Londra segna la sua seconda ed ultima rete in maglia sampdoriana nel 6-3 rifilato dai blucerchiati al Napoli. E’ il suo congedo da Genova e dalla Sampdoria, perché alla vigilia di Natale il tedesco svuota il suo armadietto di Bogliasco e parte per l’Inghilterra dove giocherà 15 partite segnando 9 gol fra cui una quaterna al Wimbledon e togliendo il Tottenham dalle sabbie mobili della zona retrocessione. La Sampdoria, orfana di Klinsmann, chiuderà il campionato in nona posizione, Montella segnerà 20 reti, Boskov non verrà riconfermato per la stagione 98-99 quando a Genova arriverà Luciano Spalletti e i blucerchiati vivranno una delle annate più travagliate della propria storia con una retrocessione in serie B che ancora oggi grida vendetta.

Ma quella è un’altra storia, mentre quella di Jurgen Klinsmann parla di un idillio mai scoccato con Boskov, di un rapporto pessimo, di un addio anticipato che non ha permesso alla Genova doriana di apprezzare fino in fondo uno degli attaccanti più prolifici della sua generazione. Appena 8 presenze in blucerchiato con sole 2 reti, poi la fuga per giocare i Mondiali con la Germania e segnare anche 3 gol nella rassegna iridata. Boskov non si era scomposto, aveva snobbato Klinsmann per promuovere lo sconosciuto sudamericano Paco Soares, finito nel dimenticatoio delle meteore. Forse stavolta, anche un mito come Boskov non ci aveva visto benissimo.

di Marco Milan

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