London Calling: l’Arsenal racconta il calcio inglese
di Roberto D’Amico
Inghilterra patria del Football, crocevia di mode, passioni, culla del tifo da stadio. Esiste un denominatore comune a tutte queste cose? E’ possibile raccontare la storia del calcio inglese attraverso le gesta di un’unica squadra? Luca Manes e Max Troiani ci hanno provato. Con il loro “London Calling – La storia dell’Arsenal e di un secolo e mezzo di football all’ombra del Big Ben” hanno messo nero su bianco storie, aneddoti, piccoli miti che hanno reso grande il calcio anglosassone ed hanno contribuito a renderlo così com’è oggi nel bene e nel male.
LONDON CALLING A ROMA – Abbiamo incontrato i due autori nel corso della presentazione della loro opera nei locali di Dressers, in Via Alba 46/48 a Roma. Solo sei mesi fa erano nella suggestiva e simbolica sede della Fondazione Gabriele Sandri, in occasione della mostra sul calcio inglese “Made in England” (a cura di Riccardo Morgigno e Francesco Del Vecchio) per presentarlo in anteprima a quel pubblico di intenditori che da sempre nutre un sentito affetto nei confronti del calcio anglosassone, della sua storia e delle sue squadre.
L’IDEA – “L’Arsenal è stata forse la scusa per scrivere il libro. L’idea è nata per parlare un po’ di Londra, di come è inteso e nato li calcio. Sono sicuramente aspetti più complessi di quanto si immagina comunemente” ci raccontano i due autori che non negano di aver messo da parte l’amore per la Roma e di aver ormai abbracciato totalmente la fede al calcio made in England. Max Troiani tifa da sempre per l’Arsenal mentre Luca Manes, in particolar modo dopo aver scritto il libro “La Leggenda dei Busby Babes”, non ha potuto fare a meno di continuare a seguire le gesta del Manchester United.
IL LIBRO – “Nel nostro libro raccontiamo storie, incroci inverosimili, fatti mai pensabili per il nostro modo di concepire il calcio e di vedere quello inglese – continuano – ad esempio di come il Presidente del Fuhlam sia poi diventato il presidente dell’Arsenal e di come abbia trasferito la squadra dal sud al nord della città. Un po’ come è successo pochi anni fa con Wimbledon che è stata spostata altrove ed ha cambiato nome, oppure al Millwall che si trovava in una zona difficile dell’est londinese e si è dovuto trasferire a sud, oppure dei vari tentativi di fusione tra Fulham e QPR o QPR e Bradford. Insomma il nostro intento era quello di raccontare il calcio inglese anche attraverso storie non propriamente romantiche che danno però l’idea di come, almeno secondo il nostro punto di vista, il calcio di una volta sia migliore del corporate football attuale”.
UN PARAGONE IMPOSSIBILE – Alla domanda se il calcio inglese e quello italiano abbiano punti in comune i due scrittori sorridono e dichiarano: “Le differenze sono abissali e vanno dalle strutture, dagli stadi, fino ad arrivare all’organizzazione e ai club. Le squadre in Inghilterra fanno il possibile per mettere il risalto la propria storia, i propri successi, i propri giocatori, tutto per allargare la grande famiglia di tifosi che hanno intorno. Qui da noi il percorso è inverso: si fa di tutto per allontanare i tifosi dallo stadio e dal calcio”. Infine Max ci confessa il motivo che lo ha portato a scegliere il calcio londinese e per l’Arsenal al posto della maglia giallorossa della Roma: “Era il ritorno di Agostino Di Bartolomei a Roma con la maglia del Milan. La Curva Sud lo fischiò per tutta la partita coprendolo di insulti. Era ancora il mio capitano, fu un atteggiamento che mi fece veramente male”.