Donne e televisione: l’uso distorto del corpo femminile
dal canale youtube de “Il corpo delle donne”
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di Daniela Silva
Accendendo la televisione e facendo un po’ di zapping è difficile non imbattersi in donnine seminude alle quali non è richiesto comporre una frase di senso compiuto e che devono apparire solo come un mero oggetto decorativo all’interno di uno studio televisivo. I palinsesti, infatti dai programmi d’intrattenimento alla pubblicità, presentano un modello di donna che punta tutto sull’apparire.
Tentando una ricerca online sull’argomento ci si imbatte con facilità in un documentario, realizzato da Lorella Zanardo e Marco Chindemi, dal titolo “Il corpo delle donne”. Si tratta di un video, in circolazione dalla primavera 2009, di 25 minuti sull’uso del corpo della donna in tv. “Il corpo delle donne” è dedicato all’immagine e al ruolo della donna. Lorella Zanardo è un’imprenditrice, ma ormai soprattutto consulente e docente sulle tematiche legate al femminile, è impegnata in una campagna di sensibilizzazione al tema del rispetto della differenza di genere e dei diritti espressi nel terzo articolo della Costituzione italiana. Il documentario ruota intorno alla costatazione che le vere donne stiano scomparendo dalla tv nostrana. Sottolinea che la cancellazione dell’identità delle donne sta avvenendo sotto lo sguardo di tutti ma senza che vi sia un’adeguata reazione, nemmeno da parte delle donne medesime. Nel documento sono state selezionate delle immagini televisive che avessero in comune l’utilizzo manipolatorio del corpo delle donne per raccontare quanto sta avvenendo.
Gli autori sostengono di averlo realizzato per rispondere all’urgenza di rendere noto come le “donne vere” stiano scomparendo dalla televisione. Denunciano l’assenza della donna “reale” dalla televisione, assenza camuffata da ibridi che sembrano poco più di bambole erotizzanti e offrono, attraverso il loro lavoro, importanti spunti di riflessione.
Non che servisse uno studio approfondito per capirlo, ma grazie a un punto di vista lievemente spostato ci si rende conto che la donna che appare sul piccolo schermo non è considerata nulla di più di uno strumento sessuale, umiliata e degradata, forse discriminata.
La prima riflessione sulla quale sembra implicito soffermarsi guardando la tv è che la soubrette, la giovane donna disposta a spogliarsi, a infilarsi sotto una doccia per rivelare le trasparenze del vestito, che si lascia appendere come un prosciutto, non viene compensata da altrettante immagini femminili collocate in posizioni di rilievo in ambito, che so, politico piuttosto che culturale o artistico.
L’uso dell’immagine femminile in televisione, ma anche in pubblicità non è certo un argomento nuovo, in passato è stato ampiamente indagato, ma ancora di più dibattuto. Dalle gambe delle Kessler all’ombelico della Carrà, nelle case degli italiani sono sempre entrate corpi ammiccanti e seducenti. Eppure oggi il problema sembra farsi diverso. Non si tratta più del “mero” richiamo morale della censura, bensì il campanello d’allarme verso una deriva culturale che sta producendo effetti devianti per la costruzione dei modelli ideali a cui si ispirano milioni di cittadini e adolescenti.
Negli ultimi anni si sente sempre più spesso parlare di una cosa chiamata “mercificazione del corpo delle donne”, una sorta di vilipendio contro la “dignità delle donne”. Probabilmente, da un certo punto di vista è così, ci troviamo effettivamente di fronte alla mercificazione del corpo femminile, ma la colpa è davvero degli uomini, o meglio, solo degli uomini? Sembra assurdo far passare le veline (e chi per loro) come “vittime” di una presunta “oppressione patriarcale”, perché in fin dei conti si parla di persone profumatamente pagate per fare poco o nulla. Ciò allarma maggiormente è la totale indifferenza da parte delle donne, donne che costituiscono il 60% del pubblico televisivo, e riescono a vedere le altre donne solo con occhi maschili, donne che si trovano dall’altra parte dello schermo e non riescono a rendersi conto che una donna può e deve avere successo anche senza rifarsi le tette.