Alluvione a Messina, ci risiamo: morti e scarsa prevenzione

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di Roberto D’Amico

In Italia continua l’emergenza alluvione. Mentre il ricordo dell’inondazione che ha colpito la Liguria è ancora fresco nella memoria di tutti noi, c’è un altro popolo che chiede aiuto, nuovamente. Messina e provincia sono in ginocchio, dopo la tragedia del 2009, a seguito delle forti piogge dei giorni scorsi.

I NUMERI – Si iniziano a contare i primi danni di questa ennesima, forse anche annunciata, tragedia: 220 famiglie sfollate, 130 ordinanze di evacuazione solo a Saponara, 58 associazioni di volontariato coinvolte nei soccorsi, 40 vigili del fuoco destinati a scavare coi bobcat. Inoltre, il dato più triste, altre tre vittime della cementificazione sevalggia, dell’errata gestione del territorio, della mancata prevenzione del rischio idrogeologico del nostro paese. Per colpa di errori umani se ne vanno Luca Vinci di 10 anni, Luigi e Giuseppe Valla, padre e figlio, rispettivamente di 50 e 20 anni. Tutti di Saponara.

LA PREVENZIONE PAROLA SCONOSCIUTA – In materia di alluvioni, frane e disastri naturali il nostro paese sembra non conoscere le parole “si impara dagli errori”. Ogni anno, appena entra l’autunno, scatta l’emergenza. Ecco che tutte quelle zone sovracementificate o urbanizzate con criteri antiquati e non in norma tremano per la paura di cadere vittime di nuovi disastri.

L’ENEA e il Comune di Messina, solo pochi mesi fa (il 7 aprile 2011) hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per la pianificazione del territorio contro il rischio idrogeologico. Fatalità del destino. Come ci spiega Luca Falconi, geologo dell’Agenzia «il territorio colpito dall’alluvione e dalle frane non coincide con quello dell’accordo, ovvero i circa 200 chilometri quadrati del Comune siciliano». «C’è da dire però – continua Falconi – che ad oggi, dopo pochi mesi di studi, non saremmo ancora in grado di prevenire o contenere un evento di questa portata nella città di Messina. Resta comunque il fatto che collaborazioni di questo tipo tra centri di ricerca e amministrazioni locali possono essere una via per provare quantomeno ad arginare questo gravoso problema».

Foto di Roby Ferrari on flickr

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