Aprire le porte a Cristo. Nell’Anno della fede, a 50 anni dal Concilio Vaticano II
di Laura Guadalupi
Ieri, 11 ottobre 1962, Papa Giovanni XXIII apriva il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Oggi, 11 ottobre 2012, Benedetto XVI celebra il cinquantesimo anniversario di quell’avvenimento e dà inizio all’Anno della Fede che, come scrive nella lettera apostolica Porta Fidei, è un triplice invito: alla conversione, a “riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede” e infine a “rendere pubblica professione del Credo”.
Il primo Anno della fede venne indetto nel 1967 da Paolo VI, all’indomani dalla chiusura del Concilio. A decenni di distanza da Montini, Papa Ratzinger esorta il popolo di Dio a una nuova evangelizzazione, non tanto per onorare una ricorrenza, quanto perché oggi riannunciare Cristo è più urgente di cinquant’anni fa. Infatti, se è vero che all’epoca di Paolo VI erano state scritte pagine terribili nel libro della storia, è altrettanto evidente che mai come negli ultimi tempi la “desertificazione” spirituale ha pervaso il quotidiano, lo ha svuotato di senso, colmandolo del nulla. Eppure, afferma Benedetto XVI durante l’omelia nella Messa di apertura delle celebrazioni, è proprio a partire da questo vuoto che si può riscoprire la gioia di credere. Ed ecco che l’Anno della fede diviene “un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale”: il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui sono espressione il Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato vent’anni fa, e i documenti del Concilio Vaticano II.
Concilio Vaticano II, bussola per il presente. Il Concilio Vaticano II iniziò nel 1962 con Papa Angelo Roncalli e si concluse nel 1965 con Paolo VI, che continuò l’opera del suo predecessore, morto nel ‘63. L’avvenimento fu voluto non per formulare nuovi dogmi, né per correggere o chiarire questioni dottrinali. Giovanni XXIII lo indisse affinché la Chiesa riflettesse sulla sua fede, una fede che doveva parlare in modo “rinnovato” a un mondo in rapida trasformazione. Il Cristianesimo doveva rapportarsi con l’età moderna, usare un linguaggio al passo con i tempi, mantenendo, però, intatti i contenuti. Papa Montini intraprese poi una democratizzazione della Chiesa al suo interno, chiamò i laici a testimoniare il Vangelo nel mondo e da qui ebbe inizio una delle più belle eredità del Concilio: la fioritura di movimenti ecclesiali laicali. La Chiesa volle anche aprirsi al dialogo con le altre religioni e confessioni cristiane. La spinta all’ecumenismo è stata ripresa e amplificata, in seguito, dal pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ha continuato a sostenerla.
L’11 ottobre 2012 il colonnato di Piazza San Pietro ha voluto abbracciare tutti, con la presenza, tra gli altri, di vari patriarchi delle Chiese orientali, dell’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. In questo abbraccio il Papa chiama tutti a essere testimoni con la propria vita della fede vera, che è in Dio tramite Cristo, che ha per canale il magistero della Chiesa e che ha per fondamento i documenti del Vaticano II, ai quali secondo Benedetto XVI bisogna ritornare perché l’eredità del Concilio è una valida bussola per orientarsi anche nel presente.
Un abbraccio da 40mila luci. Nel tardo pomeriggio dell’11 ottobre Azione Cattolica Italiana, in collaborazione con la Diocesi di Roma, ha organizzato La Chiesa bella del Concilio, evento che da Castel Sant’Angelo si è snodato poi in una fiaccolata lungo Via della Conciliazione fino a Piazza San Pietro, dove alle 21.00 c’è stato il saluto del Papa dalla finestra del Palazzo Apostolico.
Nel corteo, oltre a sacerdoti e suore, c’erano tanti giovani, adolescenti, famiglie, anziani, gruppi parrocchiali provenienti da tutta Roma e da altre zone d’Italia e del mondo. Occhi più luminosi delle fiaccole, lingue diverse unite nella preghiera. Alla domanda su cosa fosse la fede, una ragazzina svizzera risponde che la fede è ciò che la fa sentire bene, che la rende più forte. Un gruppo di ragazzi di Pozzuoli non usa mezzi termini: la fede è tutto, serve a ricordarci da dove veniamo, a fermarci per riflettere. È una scelta di vita, la scelta di una vita Cristocentrica.
Alle nove si affaccia Benedetto XVI. “Nel campo del Signore c’è anche la zizzania”, afferma. Ma nonostante la fragilità umana sia presente anche nella Chiesa e nonostante la nave della Chiesa stia navigando con vento contrario, “abbiamo fatto esperienza della presenza del Signore, della sua bontà”. E ancora: “il Signore non ci dimentica, il suo modo è umile” e “Sì, Cristo vive con noi e possiamo essere felici anche oggi”. Prima di congedarsi dalla piazza, Benedetto XVI richiama la famosa frase del discorso della luna di Giovanni XXIII e aggiunge: “Andate a casa, date un bacio ai bambini e dite che è del Papa”.
Dopo la benedizione i fedeli si riversano poi nelle chiese del centro, aperte per l’adorazione eucaristica e la preghiera. Abbiamo fatto un salto in uno dei luoghi di culto che, a parere di chi scrive, è tra i più belli di Roma: la Chiesa di Santo Spirito in Sassia, centro di spiritualità della Divina Misericordia. È, questo, uno dei tanti porti da cui tutti possono salpare alla volta della sfida più grande: andare contro le correnti del mondo, attraversare le intemperie e, guidati dal faro della Croce, approdare a quel nuovo porto da cui ripartire nell’Anno della fede: la conversione.
foto di Laura Guadalupi
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