Nba. Al via i playoff, ecco la Western Conference
di Emanuele Granelli
Playoff alle porte: il 19 aprile si comincia a fare sul serio. Dopo aver presentato i playoff della Eastern Conference, ecco l’appuntamento con la Western Conference, dove nessun pronostico è scontato: gli Spurs hanno voglia di riscatto dopo la bruciante delusione delle Finals 2013, Thunder e Clippers gli avversari più insidiosi sulla loro strada. Primo turno a suon di canestri tra Houston e Portland.
SAN ANTONIO SPURS (#1) – DALLAS MAVERICKS (#8)
Mai dare per finiti i San Antonio Spurs. La tripla dall’angolo di Ray Allen in gara 6 delle Finals 2013 aveva il sapore dell’ultimo treno perso, dell’ultima occasione svanita a pochi secondi dalla vittoria. “Vecchi”, “in fase discendente”, “giunti al capolinea”: questi i commenti più in voga in seguito alla sconfitta contro Miami. Ma l’ultimo capitolo del libro “Spurs nell’era Popovich” è ancora tutto da scrivere. Per il quindicesimo anno di fila gli “speroni” hanno superato il traguardo delle 50 vittorie in regular season (62) e avranno il vantaggio del fattore campo per tutti i playoff, comprese le Finals. Al solito impareggiabile rendimento dei veterani Parker, Ginobili e Duncan, si deve aggiungere il perfetto inserimento di Marco Belinelli, calatosi egregiamente nell’ingranaggio texano, e Patty Mills, una comparsa nella scorsa stagione (Popovich lo definì “ un culone che si impegna più a tavola che in campo”) e oggi vice-Parker a tutti gli effetti. Oltre all’apporto della panchina, per riconquistare il Larry O’Brien Trophy sarà decisivo mantenere la percentuale dall’arco che ha accompagnato San Antonio durante tutta la stagione (quasi il 40%) e, in particolare, sarà imprescindibile il rendimento di Manu Ginobili, l’uomo che più è mancato nelle Finals contro gli Heat. Il derby al primo turno contro Dallas è di grande fascino, un confronto che, nella storia recente, ha sempre regalato grandi sfide e sorprese: è la sesta volta che Spurs e Mavs si affrontano in post-season negli ultimi 15 anni (per ora 3-2 per San Antonio). Quest’anno, però, i Mavs partono di gran lunga sfavoriti: l’obiettivo era dimenticare l’onta della precedente stagione, conclusasi con il mancato raggiungimento dei playoff, per la prima volta nell’era-Nowitzki. Bunderdirk e Monta Ellis sono le frecce più aguzze nella faretra di coach Carlisle, ma per battere questi Spurs serve un miracolo sportivo.
OKLAHOMA CITY THUNDER (#2) – MEMPHIS GRIZZLIES (#7)
Kevin Durant e la sua ossessione: l’anello. Alla sua settima stagione in Nba, KD35 è ancora alla ricerca del suo primo titolo. Nulla di preoccupante, anche Michael Jordan non vinse l’anello nelle prime sei stagioni: lo vinse proprio alla settima. E allora la pressione sul più che probabile MVP della regular-season comincia a farsi piuttosto pesante. I paragoni con His Airness si stanno facendo, in questi giorni, sempre più insistenti: Durant ha collezionato una media punti e rimbalzi maggiore rispetto a quella di MJ nella sua settima stagione (32.0 ppg e 7.4 rpg contro i 31.5 e 6.0 di Jordan). Ora, però, manca la parte più complicata: vincere le Finals. E, rispetto a dodici mesi fa, Durant avrà dalla sua parte un Westbrook in più: proprio l’infortunio al ginocchio del numero zero dei Thunder compromise la serie contro i Grizzlies, che vinsero in cinque gare e si qualificarono per le finali di Conference. C’è aria di vendetta in casa Oklahoma, ma Memphis ha le armi giuste per mandare nuovamente fuori giri i ragazzi di Brooks. Sotto canestro i Grizzlies fanno spavento: Zach Randolph è il più efficiente giocatore di post basso dell’intera Lega e Marc Gasol, dopo l’infortunio al ginocchio sinistro ad inizio stagione, è tornato a predicare pallacanestro con tecnica e visione di gioco sopraffine (40-19 il record con Gasol, 10-13 senza lo spagnolo). Thunder favoriti, ma la serie potrebbe andare per le lunghe.
LOS ANGELES CLIPPERS (#3) – GOLDEN STATE WARRIORS (#6)
Addetti ai lavori e non, sono tutti d’accordo: Clippers-Warriors è la serie più spettacolare che potesse riservarci il primo turno dei playoff. La squadra di Doc Rivers arriva lanciatissima al momento più importante della stagione: dopo l’All Star Game, i Clippers hanno vinto il 75% delle partite giocate, con quasi 110 punti di media segnati a gara. In più è stato segnato il record di franchigia per vittorie in una singola stagione (57) e anche il crollo dei Lakers (27-55, penultimi ad Ovest) non può che aver aggiunto consapevolezza in quella che è sempre stata considerata la seconda squadra di L.A.. Ciò che verosimilmente farà la differenza a favore dei californiani è la lunghezza della panchina: oltre ai più noti Chris Paul e Blake Griffin, Rivers ha a disposizione una batteria di tiratori impressionante (Reddick, Dudley, Barnes, Crawford) in grado di spaccare le partite in ogni momento. A proposito di tiratori scelti, Golden State non è da meno: Curry e Thompson, gli “Splash Brothers” (“splash” è il rumore della retina che si muove), sono degli autentici specialisti del tiro dalla distanza. Thompson è una sentenza sul cosiddetto “catch-and-shoot”, Curry ha la capacità di crearsi il tiro in ogni contesto, dal pick-and-roll alle doppie uscite. I problemi per gli Warriors nascono nella zona pitturata, dove coach Mark Jackson dovrà fare a meno di Andrew Bogut , fermato da una frattura ad una costola. Bogut è un punto di riferimento importante per i Warriors: occupa l’area, porta aiuti efficaci, è un leader vocale. Come protettore del ferro concede il 45% ai suoi avversari, peggio solo di Hibbert, Ibaka e Robin Lopez, ma meglio di Noah, Dwight Howard e Anthony Davis. Con Bogut i Warriors hanno la terza difesa per punti subito ogni 100 possessi (98.8), il quarto indice di efficienza difensiva (98.9) e il quarto net -rating (8.9) di tutta la lega. Senza il centro australiano, Griffin e DeAndre Jordan potrebbero aver gioco facile in prossimità del ferro.
HOUSTON ROCKETS (#4) – PORTLAND TRAIL BLAZERS (#5)
In America c’è un detto che recita: “Offense sells tickets, defense wins championships”. Ecco, diciamo che per la serie Houston- Portland non ci saranno problemi nella vendita dei biglietti. Rockets e Blazers sono rispettivamente il secondo e il quarto attacco della Lega e, al contempo, le peggiori difese (per media punti concessi) tra i team qualificati ai playoff. In particolare, Houston è una squadra “estrema”, con coach Mc Hale che ha eliminato quasi totalmente i tiri dalla middle-range position: l’imperativo è prendere il minor numero di tiri possibili dalla media distanza, con le conclusioni si devono prendore da sotto il canestro, con Dwight Howard a primeggiare, o dalla lunga distanza, con Harden e Parsons pronti a sparare qualsiasi cosa da dietro l’arco. Tuttavia, le squadre che dipendono troppo dalla percentuale da tre punti hanno storicamente sempre fatto molta fatica ad arrivare fino in fondo. Portland, dal canto suo, è stata l’outsider della prima parte di stagione regolare, con un ritmo degno di San Antonio. Poi la fisiologica flessione negli ultimi mesi, dovuta ai problemi fisici di LaMarcus Aldridge e ad una panchina non al livello del collaudato quintetto titolare. Decisivo per le sorti della serie sarà il match-up tra Howard e Robin Lopez, quest’ultimo in grado di assicurare rimbalzi, equilibrio difensivo e presenza costante nell’area pitturata, tutte qualità che J.J. Hickson, l’anno scorso, non garantiva. Da gustare anche il duello tra Lillard, miglior rookie della passata stagione, e Beverley, mastino difensivo fenomenale nel rubare il pallone e nel far innervosire gli avversari con le sue marcature soffocanti.