Goya, cronista di tutte le guerre
di Laura Guadalupi
Francisco Goya, precursore del fotogiornalismo e del linguaggio dell’istantanea. È questo l’aspetto del pittore spagnolo attorno a cui gravita la mostra Goya: cronista de todas las guerras: Los Desastres y la fotografía de guerra, ospitata fino al 10 novembre presso la sala esposizioni dell’Istituto Cervantes di Roma, in Piazza Navona.
Le 82 opere sono state realizzate tra il 1810 e il 1815 e sono accompagnate da video e fotografie di reporter che, come Goya nella serie di incisioni esposta, intitolata I disastri della guerra, raccontano le guerre denunciandone la barbarie. La serie trae origine dall’assedio di Saragozza da parte delle truppe napoleoniche durante la Guerra d’Indipendenza spagnola. Su invito del generale Palafox, Goya, insieme ad altri artisti, avrebbe dovuto celebrare la difesa eroica della città. Egli, però, decise di dar vita a un’opera che, slegata dal singolo episodio bellico, si ergesse come atto d’accusa senza tempo nei confronti della guerra in generale, assumendo una presa di posizione antimilitarista.
La guerra, solitamente rappresentata nell’arte per esaltare le gesta dei vincitori, con Goya sale sul banco degli imputati e mostra il suo vero volto, quello delle violenze e dei soprusi, del caos e del dolore, della perdita d’identità. I morti sono corpi anonimi ammassati negli angoli delle strade, cadaveri spogliati delle loro vesti. Scene di esecuzioni per denunciare la pena di morte e incisioni come istantanee che fotografano le tragiche conseguenze della guerra: saccheggi di interi villaggi, incendi, strade abitate da affamati ripiegati su se stessi, fra nobili e invasori che passano oltre, indifferenti.
Dalla serie Los Desastros emergono con chiarezza il pacifismo del pittore spagnolo e la grande attualità del suo messaggio. La mostra ha infatti l’obiettivo di estendere la denuncia di Goya fino ai giorni nostri. Tanti sono i fotoreporter di guerra che ne hanno ereditato l’indignazione, Robert Capa, David Seymour, Cartier-Bresson, solo per citarne alcuni. Molti altri sono i fotogiornalisti che rischiano ogni giorno la propria vita per rubare, attraverso le immagini, l’anima disumana di ciò che accade nei quartieri abusati del villaggio globale.