Tragedia del Giglio. Ad un anno di distanza quali conseguenze per l’ambiente?
di Tiziano Aceti
Un anno è passato dalla tragedia della Costa Concordia all’ Isola del Giglio. Nell’incidente persero la vita trentadue persone, per la ricorrenza del primo anniversario di quella sciagura, in ricordo delle vittime, è stata celebrata una cerimonia. Come detto un anno è trascorso da quel naufragio e la nave è ancora adagiata su un fianco non distante dalla costa dell’isola. E a quanto sembra rimarrà lì ancora per parecchi mesi. Infatti, sembrerebbe che fino al prossimo autunno la Costa Concordia non potrà essere rimossa.
Molto si è discusso sull’impatto ambientale, e questa dilazione dei tempi di rimozione della nave potrebbe non far altro che aumentare i timori e i rischi per un disastro ambientale che di fatto, finché la Concordia rimarrà inclinata a ridosso dell’isola, potrebbero essere grandi.
La Concordia quindi rimarrà ancora lì, presumibilmente, per diversi mesi visto anche la complessità dell’intera operazione di rimozione della nave. In riferimento all’ambito ambientale, Greenpeace, ha pubblicato un documento dal titolo: Dieci cosa da dire sulla Costa Concordia.
Tra le altre cose nel documento (punto quattro) si legge: “Le preoccupazioni ambientali sono ancora un elemento di rilievo per la vicenda della Costa Concordia. La popolazione del Giglio, e tutti gli amanti di questo splendido mare, attendono la rimozione della nave, che continua a essere rinviata. Ovviamente, rimuovere una nave di 300 metri non è un’operazione semplice e servono tutte le garanzie del caso. Le operazioni di recupero del carburante sono state fortunatamente condotte a termine senza incidenti ma la nave è comunque un “contenitore” di sostanze pericolose, come rilevato dal rapporto di Greenpeace “Toxic Costa” del febbraio 2012”.
Inoltre all’interno del documento Greenpeace evidenzia (punto cinque) come: “Nel corso di un sopralluogo ai primi d’agosto, si è poi visto che lo scafo rilascia in mare, a circa 30 metri di profondità, un materiale torbido che produce “nuvole” piuttosto evidenti. Anche a seguito di questo sopralluogo, Greenpeace è stata ricevuta dall’Osservatorio di monitoraggio per il Recupero della nave Concordia, il 6 settembre 2012. In quella sede ci è stato detto che questi rilasci sono noti da marzo, che il materiale torbido non è stato caratterizzato (tende a sparire da solo in poche ore) e che in queste “nuvole” sono state rilevate deboli tracce di contaminazione in particolare di ritardanti di fiamma, sostanze pericolose la cui presenza era stata prevista da Greenpeace fin dal primo momento.” Aggiunge poi Greenpeace (punto sei): “L’Osservatorio non ha saputo fornire spiegazioni sul perché questi dati non erano stati inseriti nel pur dettagliato elenco delle informazioni diffuse dall’ARPAT (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Toscana) nel proprio sito web, che riferiva solo delle analisi superficiali. Dopo esplicita richiesta, l’ARPAT adesso pubblica sul sito informazioni su due punti di campionamento a 25 metri di profondità (a poppa e a prua) ma considerata la natura episodica di questi rilasci (come ci ha confermato l’Osservatorio) è difficile pensare che questo tipo di monitoraggio sia sufficiente. Inoltre, non ci sono informazioni sui risultati analitici di campioni d’acqua prelevati dentro lo scafo: un elemento necessario a capire cosa potrebbe succedere quando la nave sarà raddrizzata, con il conseguente rischio dello spostamento (e fuoriuscita) delle masse d’acqua interne.” Greenpeace afferma anche (punto sette del documento) che l’Osservatorio avrebbe promesso alle associazioni ambientaliste un coinvolgimento “nelle riunioni di aggiornamento pubblico al Giglio e, in genere, di favorire il dialogo con l’Osservatorio. Il risultato è che Greenpeace non è più stata contattata dall’Osservatorio dopo la riunione del 6 settembre 2012: tutte le informazioni “successive” che ha Greenpeace sono quindi informali”.
Riguardo ai ritardi che hanno visto coinvolto l’operazione di recupero della nave, Greenpeace scrive: “Quanto ai ritardi fino ad ora registrati, le notizie (tutte da verificare) che giungono a Greenpeace è che essi dipendono da impreviste difficoltà nel complesso lavoro di “trivellazione” del granito gigliese per la realizzazione delle palificazioni necessarie all’operazione di recupero. Greenpeace è stata (sempre informalmente) informata del fatto che il materiale torbido di cui si è detto al punto 5) “non si è più fatto vedere”. Sono risposte (e domande) che avremmo voluto ricevere (e fare) in modo aperto e trasparente come ci era stato promesso”.
Alcuni giorni fa, come sottolineato anche da Greenpeace, l’ARPAT (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana) ha pubblicato sul proprio sito web i dati del monitoraggio della Costa Concordia. L’ARPAT sul proprio sito commenta così i dati a cui si è pervenuti attraverso il monitoraggio: “Eseguiti prelievi sia in superficie che in profondità. Idrocarburi e tensioattivi inferiori alle soglie di rilevabilità analitica. Presenza di solventi aromatici intorno al relitto, più accentuata vicino alla prua della nave sia in superficie che in profondità. Altri parametri presentano valori inferiori alle soglie di rilevabilità o valori paragonabili al bianco. Test di tossicità negativi. Analisi parametri nutrienti momentaneamente sospesa causa indisponibilità laboratorio”.
In sostanza quindi, per ora, almeno dai dati forniti dall’ARPAT, la catastrofe ambientale è stata scongiurata anche se da come evidenzia Greenpeace i dati pubblicati del monitoraggio effettuato non sono ancora del tutto sufficienti per comprendere a pieno le conseguenze di quella infausta tragedia.
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