Formula 1. Verstappen, 17 anni, guiderà la Toro Rosso. Azzardo o rischio calcolato?
Si chiama Max Verstappen, è olandese ed è figlio di Jos, pilota di Formula 1 degli anni 90 e con all’attivo due podi in carriera quando correva con la Benetton. Il prossimo 30 settembre compirà 17 anni ed a marzo dell’anno venturo inizierà il suo primo campionato di Formula 1, ingaggiato dalla Toro Rosso al fianco di Kvyat (20 anni nel 2015 per una scuderia di bimbi) e al posto di Vergne.
Verstappen sarà il primo minorenne a correre in Formula 1, una rivoluzione totale, tanto per l’età che su strada non consente neanche di avere la patente, quanto perchè il ragazzino olandese non ha maturato esperienze in categorie similari alla Formula 1. Il record di pilota più giovane appartiene ancora allo spagnolo Algersuari, 19 anni, anch’egli in Toro Rosso, ma le storie sono diverse. Da quando la decisione della scuderia italiana, controllata dalla Red Bull, è divenuta ufficiale, si sono scatenati commenti, critiche e tanta curiosità attorno alla scelta di lanciare un bambino minorenne e senza esperienza nella gabbia dei leoni della Formula 1, a sfidare gli Hamilton, gli Alonso, i Vettel, i Raikkonen, con tanto entusiasmo ma anche col rischio di vedergli commettere errori che mettano a repentaglio lui e i suoi colleghi.
Altro che pelo sullo stomaco, Verstappen a malapena ha iniziato a farsi la barba ed ora si ritrova catapultato in un mondo che non conosce se non dai racconti di papà Jos. La scuola giovanile della Red Bull finora non ha sbagliato: da Ricciardo a Kvyat, passando per Buemi, per non parlare di Vettel, tutti sono transitati dalla Toro Rosso e qualcuno è finito alla casa madre Red Bull, vincendo gare e titoli mondiali. Ma basterà come garanzia? E’ stato chiesto ai piloti che si sono quasi interamente schierati a favore dell’esordio di Verstappen, da Alonso a Vettel tutti sono sembrati pronti ad accogliere e forse a proteggere l’entrata fra i grandi del piccolo olandese. Meno diplomatici gli ex, con in prima fila Jacques Villeneuve, uno che di peli sulla lingua non ne ha mai avuti e che si è detto dubbioso, non tanto per l’età ma più che altro per l’esperienza maturata sinora e che, come detto, è vicina allo zero. “Non è pronto, è un rischio e non so quanto calcolato“, ha sentenziato il canadese campione del mondo 1997. Il confine, effettivamente, fra azzardo e rischio calcolato, è labile. Sta alla Toro Rosso alzare uno scudo protettivo nei confronti di Verstappen, così come ha fatto quest’anno con Kvyat, diciannovenne e all’esordio, e che sta ottenendo ottimi risultati, seppur con qualche ovvia difficoltà, più caratteriale che tecnica.
In un mondo come quello della Formula 1, in cui ormai non corri se non ti autofinanzi o non garantisci sponsor alla scuderia, in cui ha corso per anni un meno che discreto pilota come Petrov, spinto dai dobloni russi e al profumo di petrolio, e restano a casa talenti come Davide Valsecchi (campione della Gp2 nel 2012) o come Jaime Algersuari, c’è sicuramente spazio per un giovane, giovanissimo campioncino in erba come Verstappen, ma andrebbe probabilmente ricordato che gli sport motoristici non sono un gioco così semplice, si viaggia alla modica velocità di 300 km orari.
Se la Toro Rosso, col consenso della Red Bull, ha deciso di mettere in mano un volante a un minorenne vuol dire che ha calcolato anche ogni tipo di rischio e probabilmente Verstappen sorprenderà gli appassionati nel 2015, ma i dubbi, viste le condizioni in cui tutto ciò si verifica, appaiono alquanto leciti.