MotoGP: Marquez ancora campione, un dominio difficilmente arrestabile
A 21 anni ha già vinto 4 titoli mondiali, uno in 125, uno in 250 e due consecutivi in MotoGP. Marc Marquez sta lentamente (lentamente?) avvicinando Doohan e i suoi 5 mondiali consecutivi, prima di mettere nel mirino i finora inavvicinabili Valentino Rossi e Giacomo Agostini.
Che Marquez fosse un prototipo di fenomeno lo si sapeva fin da quando aveva messo il sedere sulla Honda HRC sostituendo il pensionante Casey Stoner, ma di certo in pochi potevano immaginare che il ragazzino spagnolo potesse imporsi in modo così perentorio e prepotente dominando e vincendo i suoi primi due campionati nella classe regina del motociclismo mettendo in riga i Rossi, i Lorenzo e i Pedrosa, gente che di staccate, frenate, accelerate, spallate e cadute ne aveva e ne ha masticate abbastanza. Marquez è arrivato in MotoGP con quel sorriso da bravo ragazzo, da simpatico bambino che va a giocare a calcetto coi più grandi e non vuole pestare i piedi a nessuno. Ma quando abbassa la visiera del casco e la sua mano agguanta il manubrio della Honda numero 93, il bravo ragazzo si trasforma in una belva inferocita che non guarda nessuno ed ha un solo obiettivo: vincere. Secondo obiettivo: rivincere. Terzo obiettivo: rivincere ancora.
E così ha fatto: nella prima stagione, quella scorsa, ha ottenuto 9 pole position e 6 vittorie, nonchè il titolo di campione del mondo; quest’anno ha voluto fare ancora meglio: 11 pole e 11 successi (e con ancora 3 gare da disputare), frantumando record ed avversari. Ha vinto i primi 10 gran premi della stagione, quasi senza far fatica, ipotecando il titolo dopo neanche due mesi di campionato. Pedrosa e Valentino Rossi hanno provato a limitare i danni, hanno vinto una gara ciascuno, le briciole o poco più. Impossibile tenere il passo di Marquez, difficile ipotizzare che il pilota di Cervera possa ritenersi soddisfatto. Già, perchè la domanda che sorge ora è proprio questa: ma Marquez chi lo ferma? E come? Improbabile che la Honda cali come prestazioni, semmai potrebbero essere la Yamaha e la Ducati a salire di rendimento, ma la differenza nel motociclismo è in grado ancora di farla il pilota come ha dimostrato Rossi dal 2004 al 2009 lasciando la Honda e trasferendosi alla Yamaha e chiarendo che, anche guidando una moto meno redditizia, il più forte era lui; Marquez in questo momento storico ha tutto dalla sua: freschezza fisica ed atletica (che manca a Rossi, ormai verso le 36 primavere), potenza del mezzo, autostima e fiducia, consapevolezza di saper mettere dietro piloti più esperti di lui, colmando il pelo sullo stomaco col talento e la grinta. E poi la fame: Marquez è uno che non si accontenta, per il quale o vinci o il resto non conta, secondo o ultimo cambia poco; non si accontenta ma non è un pazzo, se prende un rischio è perchè lo ha calcolato. Ad Aragon, due settimane fa, ha tentato l’azzardo non rientrando ai box a prendere la moto da bagnato quando imperversava il diluvio e cercando di vincere la gara; alla fine è caduto lanciando Lorenzo in fuga per la vittoria, ma il rischio era calcolato con Rossi e Pedrosa a terra, col mondiale solo da certificare con il timbro della matematica.
Tutto lascia presupporre che Marquez nel 2015 partirà ancora come il pilota da battere, come il mostro finale nell’ultimo livello di un videogioco. Perchè sembra che Marc vinca corse e mondiali facendo il minimo della fatica, e gli altri, solo per avvicinarsi ai suoi scarichi, debbano sudare molto più di sole sette camicie. In MotoGP, finora, Marquez ha vinto 17 gare sulle 33 disputate: il 50%. Basterebbe forse solo questo dato per capire di cosa e di chi stiamo parlando, ma soprattutto di cosa e di chi parlerà il motomondiale nei prossimi anni.
(di Marco Milan)