Giovani e media: fiducia nell’informazione sul web, ma le decisioni vengono prese ancora altrove
di Laura Guadalupi
Nel circuito degli usi e consumi mediatici, in quella gara che da anni occupa pagine d’inchiostro miste a byte nel confronto tra apocalittici e integrati della cultura digitale, a mettere un punto alle molte speculazioni sulla paventata cannibalizzazione dei vecchi media ad opera dei nuovi, sono loro, i giovani.
La fruizione dei diversi tipi di media da parte delle nuove generazioni dipinge un quadro ben preciso, lontano dalla volatilità delle opinioni, delineato, com’è, da quella certezza incontrovertibile che solo i numeri sono in grado di dare. Stiamo parlando dei dati che emergono dal Rapporto Giovani, indagine realizzata dall’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori su un campione di 9.000 ragazzi tra i 18 e i 29 anni in tutta Italia. Dalla sezione dedicata all’informazione risulta che le attività svolte più di una volta a settimana sono, per l’81,5% degli intervistati, seguire i telegiornali, per il 68% accedere a giornali online e siti d’informazione, per il 46% informarsi tramite la radio e per il 31% leggere la carta stampata.
La televisione resta quindi ancora lo strumento informativo principale, anche se, restringendo il campo al segmento dei 25-29enni, la forbice si assottiglia e accanto all’84,3% che segue i Tg più volte a settimana, si posiziona un buon 82% che consulta l’informazione sul web. Il sorpasso dei new media, quindi, non c’è stato. Niente cannibalizzazioni, non per ora, almeno. La televisione si difende ancora bene, eppure è interessante notare che solo 3 anni fa il gap era maggiore, con percentuali rispettivamente dell’87,8% e del 52,6%. Segno che, se oggi il tubo catodico perde 3,5 punti percentuali, la rete ne guadagna quasi 30.
La dieta mediatica cambia a ritmi sostenuti, merito anche della crescente fiducia per i giornali online. Il livello di affidabilità attribuito a queste fonti è infatti leggermente superiore per il 40,7% degli intervistati rispetto alla carta stampata (39,4%), ai telegiornali (35,5%) e ai radiogiornali (32,8%). Sono bassi, invece, i valori di fiducia riservati a dibattiti televisivi, blog e social network. I primi non sono considerati in grado di veicolare vera informazione, mentre le notizie che circolano sui social media sono considerate nettamente distinte rispetto a quelle diffuse da siti autorevoli.
Assieme al fattore dell’affidabilità percepita, circa il 70% dei giovani dichiara che giornali online e siti d’informazione sono i mezzi che maggiormente influiscono sulla formazione della loro opinione politica. Seguono Tg (66,3%), giornali su carta (54,6%) e, fanalini di coda, di nuovo social network (28,5%) e blog (22,9%).
Oltre la metà del campione rappresentativo ritiene che le nuove tecnologie abbiano migliorato il livello d’informazione disponibile, mentre più del 40% ne riconosce il ruolo nel creare consapevolezza condivisa. D’altronde, quando si parla di nuovi media, non si può trascurare l’aspetto fortemente partecipativo insito nella natura stessa di questi strumenti, che impongono interazione, condivisione di contenuti, discussioni e rilanci di notizie lette altrove, magari sui mezzi di comunicazione tradizionali. Ebbene, siamo arrivati alla nota dolente. Se finora, infatti, sono stati analizzati numeri e meriti di una specie di rivoluzione copernicana in formato digitale, ciò non toglie che anche nella galassia 2.0 esistano delle nebulose. Si tratta dei limiti connessi alle nuove tecnologie e, ancora una volta, sono i giovani a illuminare i punti oscuri che un atteggiamento troppo entusiastico potrebbe voler nascondere. Più della metà degli intervistati è convinta che, nonostante le nuove occasioni di partecipazione offerte dalla rete, alla fine le decisioni che contano sono prodotte sempre attraverso i vecchi canali. Solo il 27,4% pensa che le nuove tecnologie abbiano aumentato il livello di partecipazione politica dei giovani, appena il 13% crede che stiano portando a un rinnovamento della classe dirigente del nostro Paese e quasi uno su cinque ritiene che finora abbiano dato voce soprattutto al populismo.
Quanto sembra emergere dall’indagine è un universo giovanile geneticamente predisposto all’utilizzo del web, ma al contempo cosciente di limiti e rischi connessi. Con un senso critico che le immunizza dai pericoli di tecnocrazie digitali, le nuove generazioni sono molto più di quello che alcuni semplicistici ritratti vorrebbero abbozzare. Consapevoli di essere ancora relegati al ruolo di comparse, in una pièce di cui dovrebbero essere i registi, nonostante tutto, i nostri Comici spaventati guerrieri, per dirla con Vecchioni, “hanno un piccolo fiore dentro che c’è da chiedersi com’è nato”.