Neolaureati e lavoro, pubblicato il Rapporto sulla Sussidiarietà 2012/2013

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di Elena Angiargiu

Darsi da fare già durante gli anni dell’università, paga. Non solo perché gli studenti più intraprendenti fin dal percorso formativo guadagnano di più quando trovano un’occupazione, ma anche perché possedere spirito d’iniziativa e adattabilità alle esigenze del mercato del lavoro aumenta le probabilità di trovare un impiego nel breve periodo e porta ad una maggiore realizzazione professionale in futuro.

A rivelarlo è il settimo Rapporto stilato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia dell’Università Cattolica e il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, dedicato al tema “Sussidiarietà e… neolaureati e lavoro”, che ha coinvolto, a quattro anni dalla laurea, quasi 6000 laureati di tutte le facoltà, in prevalenza lavoratori dipendenti o atipici.

Neolaureati e accesso al mercato del lavoro – Una buona dose di “intraprendenza personale” prima della laurea si traduce in un vantaggio competitivo al termine del percorso di studi. Attivismo universitario, adattabilità al mercato, utilizzo dei canali di ricerca appaiono fattori in grado di fare la differenza ai fini occupazionali. Sul totale degli intervistati, però, soltanto il 14,5% appartiene al gruppo delle élite intraprendenti, che hanno fatto esperienze di studio all’estero, stage e tirocini, possiedono varie specializzazioni, lavorano a tempo indeterminato nei settori education, chimica-petrolchimica e manifatturiero, hanno una ricca dotazione di capitale relazionale e guadagnano in media fino a 200 euro in più degli altri laureati.

I neolaureati sono, invece, per la maggior parte precari in cerca di gloria (39,6%) e adattivi ma deboli (34,8%). Tuttavia, a dispetto dello stereotipo del giovane interessato soltanto al “posto fisso” (indicato, nell’ipotesi di cambiare lavoro, dal 19% dei laureati rispetto al 43,5% di chi predilige la crescita sul piano professionale e delle competenze) emerge una adattabilità crescente (52,8%), che denota un alto livello di flessibilità rispetto alle esigenze del mercato: i più “adattabili” sono soprattutto uomini (63%), ingegneri e laureati residenti al centro-sud (60%), laureati in agraria e in lingue (59%), impiegati in lavori occasionali e non standard. A conferma di un’elevata mobilità territoriale, inoltre, il 30,6% dei rispondenti emigrerebbe anche all’estero nel caso in cui si verificassero opportunità lavorative rilevanti.

La ricerca del lavoro: reti sociali e status occupazionale – Un aspetto particolarmente significativo, e per certi versi sorprendente, riguarda la reale efficacia delle reti sociali nell’inserimento professionale dei laureati. Stando ai risultati dell’indagine, infatti, i canali di mercato (agenzie private, autopromozione, risposta e pubblicazione annunci, social network) si rivelano più utili per trovare lavoro nel 48,4% dei casi, mentre quelli relazionali (parenti, amici, conoscenti) permettono di trovare un’occupazione, che risulta meno remunerativa, poco legata all’utilizzo delle competenze ed instabile da un punto di vista contrattuale, soltanto nel 24,3% dei casi, con notevoli differenze per sesso e settore di studio.

Se le donne si affidano maggiormente ai servizi per l’impiego pubblici e ai concorsi, oltre che ai canali relazionali, gli uomini si avvalgono soprattutto dei servizi di placement universitario, dei social network e dell’autopromozione. I canali di mercato risultano più efficaci per i laureati nei settori chimico-farmaceutico, ingegneria, economico-statistico, educazione fisica e materie scientifiche, mentre quelli relazionali si rivelano più utili per i laureati in psicologia, architettura e agraria. I canali istituzionali appaiono più efficaci per i medici, per i laureati in materie pedagogiche e in ambito economico-statistico.

Il ruolo dell’università: servizi e opportunità di lavoro – La transizione dall’istruzione al mondo del lavoro chiama direttamente in causa il sistema universitario ponendolo di fronte alla sfida dell’occupabilità. Spetta, infatti, all’università il compito di incoraggiare l’intraprendenza degli studenti prima e dopo la laurea, ampliando l’offerta di quelle attività formative e lavorative che rappresentano il viatico per una futura occupazione. Come l’incentivazione del tutoraggio universitario o la partecipazione a stage all’estero, strumenti ancora poco utilizzati, che uniti ad un crescente impegno nei servizi di placement, possano facilitare la ricerca di uno sbocco professionale più corrispondente alle aspettative dei laureati.

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