Il contratto d’apprendistato, il contratto di lavoro dei giovani

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di Danilo Volpe

Il Ministero del Lavoro ha addirittura scomodato Fiorello, pur di pubblicizzare il contratto di apprendistato fra i giovani, mediante la diffusione su tutte le reti nazionali di uno spot che ne faceva il contratto di lavoro idoneo per l’ingresso nel mondo del lavoro.

In parte è vero: il contratto di apprendistato, infatti, è un contratto di lavoro che gli esperti del settore definiscono a causa mista, in quanto esso coniuga l’obbligo di retribuire all’obbligo di formare il lavoratore.

Contrariamente al cd. contratto di stage (che, come vedremo prossimamente, non obbliga il datore di lavoro a retribuire e quindi non è un contratto di lavoro), il contratto di apprendistato è espressamente definito “un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani” .

Tale definizione si rinviene nell’art. 1 del D. Lgs. 167/2011, provvedimento questo che rappresenta il cuore della normativa sulla materia, in quanto contiene i principi generali di tale tipologia contrattuale. Il D. Lgs. 167/11, tuttavia, non è di per sè sufficiente: in materia di apprendistato, infatti, vige altresì la potestà legislativa regionale, di notevole rilevanza soprattutto per ciò che concerne gli aspetti e gli obblighi formativi a carico dei datori di lavoro.

Così come il contratto part-time e quello a tempo determinato, anche il contratto di apprendistato deve contenere una serie di elementi formali, fra cui è opportuno rammentare solo quelli più importanti e facili da individuare: innanzitutto anche tale contratto deve essere stipulato per iscritto; esso, inoltre, deve avere una durata minima di 6 mesi (novità, questa, introdotta dalla Riforma Fornero); esso, infine, deve essere corredato da un piano formativo individuale, che descriva analiticamente tutti gli aspetti correlati alla formazione da impartire al lavoratore.

Gli elementi or ora descritti sono comuni a tutte le tipologie di contratto di apprendistato; è opportuno ricordare, infatti, che il D. Lgs. 167/2011 individua quattro tipologie di apprendistato, con rispettive discipline particolareggiate.

Il primo contratto di apprendistato disciplinato è il cd. apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale. Esso, stipulabile nei confronti di lavoratori di età compresa fra i 15 ed i 25 anni, può essere utilizzato sia per far assolvere l’obbligo scolastico, che per l’ottenimento di una qualifica professionale utilizzabile sul mercato del lavoro. Evidentemente rivolto ai più giovani, tale tipologia contrattuale non può avere durata superiore ai tre anni.

La seconda tipologia di apprendistato individuata dalla Legge è quella più diffusa, vale a dire l’apprendistato professionalizzante. Esso ha come destinatari i giovani di età compresa fra i 18 ed i 29 anni ed ha il fine di formarli per il conseguimento di una qualifica professionale valida ai fini della contrattazione collettiva (es. V livello del Contratto Collettivo Nazionale per i dipendenti delle industrie metalmeccaniche). A riguardo, ovviamente, assume una rilevanza preponderante la formazione del lavoratore, formazione da svolgere sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Anche il contratto di apprendistato professionalizzante, infine, non può avere una durata superiore ai 3 anni o ai 5 nel caso del settore artigiano.

Il terzo tipo di apprendistato è quello, purtroppo, meno diffuso: esso è il cd. apprendistato di alta formazione e ricerca, finalizzato alternativamente al conseguimento del diploma di scuola media superiore oppure di un titolo di studio universitario. Anche in questo caso i destinatari sono giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni e la disciplina dell’aspetto normativo è integralmente demandata alle Regioni.

L’ultima tipologia di apprendistato, introdotta soltanto di recente mediante l’emanazione del D. Lgs. 167/2011, è, infine, il cd. apprendistato per la qualificazione o la riqualificazione di lavoratori in mobilità. Esso, pur se astrattamente ricollegabile all’apprendistato professionalizzante, deroga un pò la disciplina generale suesposta in quanto sono assenti requisiti minimi e massimi d’età; tale contratto, infatti, può essere stipulato nei confronti di chiunque sia iscritto nelle liste di mobilità.

Per ciò che concerne il recesso, infine, il D. Lgs. 167/11 prescrive (solo per i primi tre tipi di apprendistato) l’irrecedibilità durante il periodo di formazione: in altre parole, durante tale periodo, entrambe le parti possono recedere soltanto per giusta causa o giustificato motivo. Decorso tale periodo, tuttavia, in assenza di un recesso esplicito, il contratto di apprendistato diviene un vero e proprio contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

In conclusione, dunque, si può affermare che il contratto di apprendistato appare un contratto appetibile sia ai giovani che alle imprese: ai giovani, perchè esso permette di “farsi conoscere” dai propri datori di lavoro; alle imprese, perchè permette di godere di forza lavoro con costi contributivi e fiscali notevolmente inferiori al normale.

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