Tra golpe e brogli: il Venezuela dopo Chavez
di Andrea Ottolenghi
Il giorno successivo alla vittoria elettorale del delfino di Chavez, Nicolas Maduro, a Caracas ci sono state decine di manifestazioni non autorizzate, anche se ampiamente acclamate dai due schieramenti, che hanno portato alla morte di 7 persone, 60 feriti e 135 arresti da parte della polizia con l’accusa di “associazione a delinquere”. Diosdado Cabello, leader del Partito Socialista Unito del Venezuela, ha addossato la colpa degli scontri di piazza a presunti “piccoli gruppi fascisti” e al loro istigatore, Capriles, annunciando di voler proporre in Parlamento un provvedimento che metta sotto inchiesta penale lui e tutti i suoi collaboratori. Nel frattempo, approfittando dell’instabile situazione politica che sta attraversando il Paese, la destra venezuelana ha tentato un golpe militare a Maracaibo, zona petrolifera del paese, ma senza riuscirci.
L’esiguo scarto di voti che ha portato la vittoria di Maduro, il 50,66 % dei voti, contro il 49,07% di Capriles (una differenza di soli 235.000 voti), ha immediatamente acceso lo scontro politico. Subito Capriles ha gridato al “broglio elettorale” e ha chiesto pubblicamente il riconteggio delle schede, ma Maduro ha rigettato la richiesta al mittente dicendo che non ci può esser stata nessuna possibilità di errore durante lo spoglio. In Venezuela le votazioni avvengono con un sistema di “doppia identificazione”, in cui l’elettore deve registrarsi prima con un documento identificativo e poi con l’impronta digitale. Dopo di che, c’è quello della “doppia certificazione” del voto: effettuata prima elettronicamente e poi con il rilascio di uno scontrino, il quale va successivamente depositato nell’urna. Infine, l’intero processo è stato monitorato da tre grandi gruppi di osservatori internazionali: Unasur (Unione Nazioni del Sud – organismo latinoamericano), gli osservatori del Centro Carter e del CNE (Consiglio Nazionale Elettorale), oltre che a un esercito infinito di rappresentanti di lista di entrambi gli schieramenti.
Per placare i toni dello scontro politico sono arrivate decine di dichiarazioni dall’estero rivolte a riconoscere la legittimità del governo Maduro: oltre che dai paesi dell’America Latina sono giunte anche dalla Spagna, paese storicamente schierato contro il chavismo, che nel golpe del 2002 fece gli auguri di buon lavoro al governo golpista di Pedro Carmona, il quale fece sequestrare Hugo Chávez. Sempre con i propositi di calmare le acque, il CNE ha riconosciuto il ricorso dell’opposizione sul riconteggio delle schede (verranno ricontati il 46% dei voti elettronici) e, secondo alcune fonti non ufficiali, ci sarebbero state pressioni affinché in Parlamento non si avviino le procedure di richiesta d’arresto per Capriles e i suoi collaboratori, accusati di tentato golpe, considerata da molti la goccia che potrebbe far traboccare il vaso. Il prospetto di una guerra civile diventa, infatti, ogni giorno sempre più possibile in Venezuela , qualsiasi imprudenza potrebbe far precipitare il Paese nel caos. Chissà se la rivoluzione portata fin qui da Chávez si arresterà d’innanzi alla morte del suo fondatore o riuscirà, tra le mille difficoltà, ad andare avanti come egli sperava?