Champions League. Berlino consacra Neymar, talento al servizio della squadra
È finita come tutti pensavano, con i componenti del tridente più forte del mondo a festeggiare, abbracciarsi e sorridere. Tutti e tre protagonisti assoluti di una finale che li ha visti soffrire più del dovuto, più di quanto anche loro avevano immaginato alla vigilia della gara. Ma quando Messi, Suarez e Neymar decidono di accelerare non ce n’è per nessuno.
Con la loro classe riescono ad alleviare la sofferenza di tutti i compagni ed ipotecare il risultato in qualsiasi momento della partita. Il migliore dei tre e quindi dei 22 in campo nella finalissima di Berlino tra Barcellona e Juventus è stato Neymar: estro, tecnica, imprevedibilità ed efficacia al servizio della squadra.
Geniale con l’intuizione con cui ha servito Iniesta al quarto minuto di gioco nell’azione del vantaggio blaugrana, spietato all’ultimo secondo di partita, quando con un facile diagonale ha trafitto Buffon e fatto esplodere la festa catalana. Un predestinato che all’età di soli 23 anni, alla seconda stagione in Europa, alza al cielo la sua prima Champions League, e lo fa da protagonista assoluto. Talento cristallino in grado di mettere in bacheca sia Copa Libertadores che Coppa dei Campioni, entrando di diritto nella storia del calcio insieme ad una ristretta cerchia di campioni. Capocannoniere della Champions League con 10 centri, a pari merito con due fenomeni del calibro di Messi e Cristiano Ronaldo. In tutto le reti stagionali sono 39, a quelle siglate in Champions bisogna infatti aggiungere le 7 messe a segno in Coppa del Re e le 22 in campionato.
Numeri da capogiro per un calciatore destinato ad entrare nella storia del Barcellona e del calcio mondiale. Nel serata di Berlino solo un altro campione avrebbe meritato come lui la palma di migliore in campo e non si tratta di uno dei suoi due compagni di reparto, ma di un suo avversario, un giocatore che ha dimostrato per l’ennesima volta di essere un monumento assoluto del pallone. Se ad alzare la coppa più importante d’Europa fossero stati i bianconeri, il protagonista indiscusso del match sarebbe infatti stato Gianluigi Buffon. Eterno e inossidabile, il capitano juventino ha chiuso in tutte le maniere lo specchio della porta agli attaccanti spagnoli. Ai limiti dell’inverosimile la parata su Daniel Alves nel corso del primo tempo, unica piccola e sfortunata imprecisione la respinta corta sul tiro di Messi, terminata proprio sui piedi dell’infallibile Suarez. Ma nel calcio solo chi vince entra nella storia, mentre chi arriva secondo deve accontentarsi del piazzamento d’onore.
Ecco perché la prestazione del portiere azzurro passa leggermente in secondo piano rispetto a quella del giovane brasiliano del Barca. Questa volta Berlino infligge una delusione a Buffon, ma consegna a tutti gli appassionati di calcio una nuova stella. Se lo scorso anno erano stati in molti ad avere dei dubbi sul reale valore dell’ex attaccante del Santos, da ieri nessuno potrà più mettere in discussione le sue qualità e il suo saper essere decisivo. Il futuro è dalla sua parte e se dovesse continuare così, quella di ieri potrebbe essere solo la prima di una serie infinita di vittorie importanti a livello europeo.
di Giovanni Fabbri