Italia. Il fallimento dell’Under 21 agli Europei: di chi le colpe?

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DI-BIAGIO-ALL-AS4_7022Diciamolo subito: non ci metteremo qui a parlare di accordi, biscotti e inciuci fra Portogallo e Svezia, perchè il primo paese esportatore di queste porcherie è proprio l’Italia che farebbe innanzitutto bene a fare un mea culpa prima di parlare degli altri. E’ chiaro, però, che il pari fra lusitani e scandinavi è stato particolarmente sfacciato, così come lo fu quello agli Europei dei “grandi” nel 2004 fra la stessa Svezia e i cugini della Danimarca, un 2-2 che eliminò l’Italia anche in quel caso.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso, verrebbe da dire, sia perché l’Italia ha insegnato al mondo come aggiustare le partite (ammesso e non concesso che Portogallo e Svezia si siano effettivamente messe d’accordo per pareggiare), sia perché gli azzurrini sono andati a casa meritatamente. Dalla formazione di Luigi Di Biagio, ci si aspettava molto di più in effetti, come minimo il passaggio del turno con annesso approdo alle semifinali, obiettivo nettamente alla portata di un’Italia che non era stata inserita di certo in un girone infernale. L’ex centrocampista di Roma e Inter non è riuscito ad imprimere quella mentalità vincente che serviva per ottenere i risultati sperati, la semifinale (come traguardo minimo) e la qualificazione alle Olimpiadi di Rio de Janeiro, tutto svanito a causa della precoce eliminazione in Repubblica Ceca. L’Under 21 dei tempi di Cesare Maldini e Claudio Gentile non esiste più, ma questo lo si sapeva già e non doveva essere un alibi, anche perchè la qualità, nonostante tutto c’era: Zappacosta è uno dei migliori terzini della serie A, Crisetig è stata una delle pochissime note liete del disastroso Cagliari di quest’anno, Benassi è un centrocampista completo, a Belotti manca un po’ di esperienza ma la palla dentro ce la butta  spesso e volentieri. Affidarsi a Berardi come leader e trascinatore è stato forse uno degli errori di Di Biagio, perchè il fantasista del Sassuolo ha sì talento ma è ancora immaturo, soprattutto sotto il piano della personalità e del carattere, passando gran parte della partita a lamentarsi con arbitro ed avversari anzichè caricarsi sulle spalle il peso della squadra. Ha fatto gol all’esordio nella sconfitta contro la Svezia (su rigore come la gran parte delle sue reti in carriera) poi non si è più visto; del resto la Juventus lo ha lasciato un altro anno in Emilia, decidendo di portare a Torino l’altra punta di diamante dei neroverdi, Zaza.

L’Under 21 paga, rispetto ad una ventina di anni fa, l’assenza di calciatori che siano titolari o prime alternative di formazioni di alto livello in serie A: una volta c’era Totti, poi Pirlo, di contorno c’era gente come Cannavaro, come Galante, come Morfeo, per non parlare degli attaccanti: da Vialli a metà anni ottanta a Vieri subito dopo, da Lucarelli fino ad arrivare a Gilardino (che è il capocannoniere assoluto dell’Under 21 con 19 reti), tutta gente che masticava calcio importante ogni giorno. Oggi non è più così, oggi gli azzurrini faticano ad imporsi ed anche a farsi amare dal pubblico che poco conosce nomi e volti dei protagonisti. E non è così da oggi, basti pensare al campionato europeo del 2013 quando l’Italia raggiunse sì la finale ma fu abbattuta dalla Spagna che poteva contare fra le sue fila su gente come De Gea, Thiago Alcàntara, Isco e Morata, scusate se è poco.

Il campionato italiano deve prendere una decisione e deve farlo alla svelta: o responsabilizza pesantemente i suoi giovani mettendoli nelle condizioni di imparare come sia davvero il calcio dei grandi, oppure prosegue in questo ibrido che non porta da nessuna parte e dal quale escono solamente i fenomeni e si perdono tutti gli altri, smettendo però a quel punto di caricare l’Under 21 di aspettative oggettivamente troppo alte. Cambiare commissario tecnico in continuazione, poi, non sembra la soluzione più azzeccata.

di Marco Milan

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