Side Effects – L’effetto collaterale del cinema americano contemporaneo

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di Annalisa Gambino

Steven Soderbergh è uno di quei registi che non delude mai le aspettative, è innegabilmente competente e le sue storie funzionano. C’è da dire però che, nonostante tutto, non riesce mai a stupire lo spettatore in maniera totalizzante e a realizzare quello che convenzionalmente il pubblico riconosce come il ”capolavoro”. È il caso del discusso Side Effects – Effetti Collaterali, un dramma che improvvisamente si trasforma in qualcosa di completamente diverso: niente infatti, è come sembra.

La trama racconta la storia di una giovane coppia composta da Emily (una irriconoscibile Rooney Mara) e Martin (lo spogliarellista di Magic Mike Channing Tatum), costretti a separarsi per alcuni anni nel momento in cui lui viene imprigionato per truffa. L’evento sconvolge l’esistenza agiata della ragazza e la spinge a rivolgersi ad una specialista, la dottoressa Catherin Zeta Jones. Ma ancora più traumatico per la fragilità della ragazza si rivela il rilascio del marito. Emily non riesce a interfacciarsi di nuovo con l’uomo, è triste e depressa, instabile. Dopo un tentativo di suicidio la ragazza si affida infine alle cure del dott. Banks (Jude Law – candidato all’oscar per questo ruolo), psichiatra all’apice della carriera che le prescrive un nuovo farmaco contro l’ansia e l’insonnia.

Fino a questo punto nulla di strano e sconvolgente. Ma, a catapultare la narrazione nel territorio dell’imprevedibilità è l’uccisione da parte di Emily del marito. Viene data la colpa allo psicofarmaco prescritto da Banks, che su di lei ha un tragico “effetto collaterale”, il sonnambulismo e la perdita di memoria. Emily viene giudicata incapace di intendere e di volere e scoprire di chi è realmente la colpa sembra un’impresa quasi impossibile. Tutto sembra in apparenza ricadere su Banks accusato di incompetenza per non aver riconosciuto la pericolosità della sua paziente. Il risultato? Crisi dei rapporti familiari perfetti (o quasi) del dottore e una carriera stroncata. Ecco che motore dell’azione diventa Jude Law il quale si assume il compito e la responsabilità di arrivare, anche se con mezzi poco leciti, ad una verità sempre più sfuggente e scomoda.

Soderbergh sferra un’aspra critica contro la società, quella americana in particolare. L’unità tematica è infatti l’uso e abuso degli psicofarmaci e i complotti all’interno delle case farmaceutiche. Il film di denuncia scade lasciando il posto a un thriller psicologico (tipicamente hollywoodiano) dallo sviluppo narrativo standard. Dalla pellicola emerge l’idea che ad un certo punto il regista si sia stancato di giocare con i suoi personaggi, abbandonandoli ad un destino ovvio e scontato: c’è posto per una poco probabile storia lesbica tra Emily e la Jones, per inganni finanziari e per il lieto fine del dott. Banks. Un brutto incubo verrebbe da dire, ma superando qualche pecca in fatto di sceneggiatura, Effetti Collaterali grazie alla potenza delle immagini e di una fotografia fredda, distaccata e spesso sfuocata, suggerisce l’ambiguità e le fragilità dell’esistenza umana.

Numerose sono le riprese inconsuete che hanno il compito di amplificare l’effetto di straniamento dato dall’assunzione del farmaco. La contemporaneità è analizzata nel film con minuziosa e disincantata precisione, come sotto la lente di ingrandimento di uno scienziato. Soderbergh apre interrogativi, investiga sui problemi e soprattutto fa un cinema che si offre come mezzo privilegiato per raccontare le cronache e le perversioni della società.

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